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Va per la selva bruna
Va per la selva bruna
solingo il trovator
domato dal rigor
della fortuna.
La faccia sua si bella
la disfioro' il dolor;
la voce del cantor
non è più quella.
Ardea nel suo segreto;
e i voti, i lai, l'ardor
alla canzon d'amor
fido' indiscreto.
Dal ta'lamo inaccesso
udillo il suo signor:
l'impro'vvido cantor
tradi se stesso.
Pei di del giovinetto
tremo' alla donna il cor
ignara fino allor
di tanto affetto.
E su'pplice al geloso,
ne contenea il furor:
bella del proprio onor
piacque allo sposo.
Rise l'ingenua. Blando
l'accarezzo' il signor;
ma il giovin trovator
cacciato è in bando.
De' cari occhi fatali
più non vedrà il fulgor,
non berrà più da lor
l'oblio de' mali.
Varco' quegli atri muto
ch'ei rallegrava ognor
con gl'inni del valor,
col suo liuto.
Scese, varco' le porte,
stette, guardolle ancor:
e gli scoppiava il cor
come per morte.
Venne alla selva bruna:
quivi erra il trovator,
fuggendo ogni chiaror
fuor che la luna.
La guancia sua si bella
più non somiglia a un fior;
la voce del cantor
non è più quella.
Sono presenti 1 commenti.
beauregard martedì 4 marzo 2008 16:52 | 1/1 |
scrivi qui scrivi qui Per chi ancora ne comprende le arcane parole, è una poesia bellissima, capace di trasportare in un mondo incantato, dove l'amore di un giovane per una bella donna, che ne è ignara, infrange le barriere di rango e non può che portare alla punizione. Il poeta rende questa atmosfera con versi soffusi di malinconia, che sono un vero piccolo capolavoro. |
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