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{ lunedì 22 novembre 2010 }

Anticipo del nuovo libro "L'importante è cambiarsi le mutande"

"VORREI SAPERE CHI HA FINITO LA CARTAIGENICA"

Melissa era una ragazza simpatica che ispirava tanta fiducia. Lei era nata a Cuba, proprio sul mare, era cresciuta di fronte alla spiaggia e, da sempre, la prima cosa che faceva il mattino appena sveglia era quella di aprire la finestra e annusare l’aria, la brezza marina e il rumore del mare. Dove abitava ora, il mare lo poteva solo immaginare e tutto al più l’aria che respirava la mattina affacciandosi alla finestra, poteva essere quella che proveniva dalla discarica di Malagrotta. Ma il suo sorriso generoso cancellava qualsiasi perplessità. Bastava incrociarlo per rimanerne incantati piacevolmente. E’ quello che accadde a me, quando più di un mese fa, incrociai il suo sguardo durante una lezione di spinning al Forum. Iniziammo a frequentarci, uscivamo la sera o molto più spesso finivamo per passare delle innocenti serate a casa sua sul divano a vederci un film e sgranocchiare pop corn. In breve tempo si stabilì una grande e sublime complicità tra noi. Quando le raccontai che ero rimasto con la casa fuori uso, lei non esitò a dirmi:

- Alfredo, come diciamo noi a Cuba “mi casa es tu casa”

Ovviamente declinai gentilmente l’invito, ma le assicurai che sarei passato a casa sua qualora lei ne avesse avuto piacere. Praticamente senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai tutte le sere a casa di Melissa, ma solo dopo qualche giorno capii perché aveva preso a cuore la mia proposta. Come tutte le donne che manifestano spontanea bontà d’animo, anche Melissa nascondeva qualcosa. Il suo uomo, un ballerino professionista portoricano di salsa e merengue, l’aveva mollata per una bionda manager italiana quarantenne. Così dopo una settimana di tranquille chiacchierate, ecco le prime avvisaglie di quelli che poi sarebbero diventati col passare dei giorni dei memorabili sermoni sulla psicologia malata dell’uomo e sui livelli di bastardaggine che potevamo raggiungere. Ogni sera che me ne ritornavo a casa mi sentivo sempre più frustrato. Quei discorsi e quella sofferenza mi colpivano come pugni in pieno stomaco. Ce ne volle di tempo per farle passare quel bruciore interiore all’animo, finché un giorno non tirai fuori l’asso dalla manica.

- Dammi retta Melissa, la colpa è tutta della salsa, della vostra fottuta musica!
- Ma che dici Alfredo, che c’entra la salsa con le corna!
- Come che c’entra. Con una musica così allegra e sensuale è normale ballare pensando che prima o poi si finirà per t######e!
- Tu sei tutto matto Alfredo. La salsa è una droga che ti scorre nelle vene, fa parte del nostro popolo è la nostra cultura popolare.
- Appunto, è quello che dico anche io, è la “vostra danza” la “vostra cultura” cosa c’entriamo noi?
- Ah no, non mi trovi d’accordo. Un giorno verrai con me in un locale cubano e sono sicura che cambierai idea. Diventerai un salsero anche tu!

Melissa si alzò di scatto e mi lasciò sul divano inebetito con quel terribile presagio. Accese lo stereo e cominciò a ballare nel centro della stanza un maledetto cha cha cha, poi una bachata e un merengue, finché non mi alzai e uscii sul balcone .
c###o! Non ne potevo più.
In quei giorni di permanenza in casa di Melissa, feci delle scoperte sensazionali: l'Italia in assoluto era il paese europeo dove si ballava di più la salsa. Ci seguivano distaccatissimi i freddi tedeschi e gli snob francesi. Eravamo lo zoccolo duro dell’Europa salsera, eravamo invasi ed io non me ne ero accorto!
A dir la verità, guardando Melissa mentre ballava, il suo sorriso, ma soprattutto le sue c#####e che dondolavano come due meloncini appesi, era difficile nascondere di subire il suo fascino. Ora, immaginando che in un locale di salsa potevano starci almeno venti donne più belle di Melissa, ecco come poteva essere giustificato ampiamente il comportamento maniacale del maschio italiano nei confronti della salsa. Ma per quanti sforzi facevo, l’unica cosa che mi riportava ai Caraibi era la Lambada, quel famoso ballo di origine brasiliana che spopolava negli anni novanta.

- Dai Alfredo, torna dentro che ti insegno qualche passo di salsa.
- Non ci penso nemmeno! Non voglio passare il resto della mia a correre tra un locale e l’altro.
- Cretino, non sai cosa ti perdi…un’emozione grandissima. Promettimi che un giorno verrai con me. Ci si diverte, si incontra gente diversa, pronta a sorridere, allegra. La salsa ti fa dimenticare tutti i problemi che hai.
- Davvero? – chiesi divertito.
- Sì Alfredo, infatti, l’unica medicina per dimenticare Carlos è la salsa. Andrò a ballare tutte le sere!

Non ero molto felice per la decisione che aveva preso. La immaginavo già tutta scollacciata al centro della pista sballottata da un ballerino all’altro che sorrideva dimenticando il suo Carlos.
Avrei voluto evitargli altre delusioni ma come fare? Ormai era in trance da salsa. Continuava a ballare nel salotto con lo stereo che pompava a palla alle undici e mezzo della sera. Quando qualcosa interruppe quell’idillio.

- Alfredo…
- Sì melissa.
- Hanno suonato alla porta ti dispiace andare a vedere chi è?
- Va bene, vado!

Arrivai davanti alla porta temendo il peggio. Tutto quello che feci fu un gran respiro e il segno della Croce. Aprii la porta e mi trovai di fronte un omino in vestaglia:

- Desidera? –
- Senta io non so chi sia lei e cosa sta facendo la dentro, ma le garantisco che se entro cinque minuti non spegne quella musica di m###a, le faccio sfondare la porta dai pompieri, la faccio arrestare dai carabinieri e denunciare dalla finanza! –gridò l’omino puntandomi un dito sotto il mento.
- Guardi che io non sono… - cercai invano di giustificarmi.
- Non me ne frega nulla chi è lei e di chi è figlio!
- Che…che cosa, ma…?
- Ha capito bene, spenga quella musica e vada a dormire che con i tempi che corrono c’è poco da stare allegri!
- Sì ma guardi che io la penso come lei…soltanto che….
- Le chiacchiere stanno a zero signore. Le do cinque minuti di tempo poi avrà le forze dell’ordine dentro casa e le manette ai polsi.

Richiusi la porta e tornai in salotto come un bambino che ha preso una pedata nel sedere dal padre. Mi diressi verso lo stereo e staccai la spina.

- Beh cosa fai? – chiese melissa irritata
- Lo spengo.
- Perché! Sei antipatico quando fai così.
- Sicuramente meno antipatico del tuo vicino di casa. Ha detto che se non spegni lo stereo chiama i carabinieri e ti denuncia.
- Che p###e però!
- Lo so Melissa, ma non stiamo all’Havana, qui siamo a Primavalle, purtroppo!
- Mi è venuta un’idea – disse ad un tratto tradendo un sorriso pericoloso.
- No ti prego…non dire nulla.
- Ed invece si! Dai preparati che andiamo al “Malecòn”.
- Cosa? – chiesi incredulo.
- Ma sì Alfredo, ho tanta voglia di ballare stasera e se qui non mi è permesso, vuol dire che mi porterai tu a ballare!
- Non posso, domani mattina mi devo alzare presto.
- Dai non ti fare pregare, ti prometto che staremo solo un’oretta il tempo di dare un piccolo regalo ad una mia amica che ha festeggiato il compleanno qualche giorno fa.
- Oh Santo Dio Melissa…
- Dai tesorino.
- No e poi mai Melissa mi dispiace!

Mi gettò le braccia al collo e cominciò a ballare dimenandosi sinuosa come un serpente che aggroviglia in una spira mortale la sua preda. I suoi movimenti liberavano nell’aria il profumo della sua pelle e i milioni di ferormoni che sprigionava. Poi abbandonò la presa al collo e si mise davanti a me ad un paio di passi. Sorrise e cominciò a sculettare.

- Ok Melissa, andiamo! – dissi con voce tremante
- Allora mi porti a ballare?
- Certo, altrimenti va a finire che ti trombo!

TO BE CONTINUED!

AL.NO

Bronson - 09:07

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Sono presenti 1 commenti.

nessunosorryso lunedì 6 dicembre 2010 08:021/1
io devo assolutamente leggere il secondo libro ahahahahahahah

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