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Sono presenti 2 post.
elrey mercoledì 14 luglio 2010 14:06 | 1/2 |
Perchè a me piace restare sospeso su un filo di speranza a osservarti mentre t'allontani lungo quella strada deserta. Mi piace quando, arrivata in fondo ti volti per regalarmi il tuo ultimo sguardo. Perchè a me piace osservare la natura, la primavera che accende un fiore e l'autunno che lo spegne. La città che si ferma per un temporale. Mi piace osservarti da lontano, i tuoi occhi che ricordano quelli di un animale ferito, occhi tristi, occhi in ansia. Una volta erano felici i tuoi occhi, quando giocavano a scoprire gli angoli della pelle nascosti dalle camicie. Una volta eravamo felici. Una volta con me è persempre. Perchè a me piace il persempre, al di la che si tratti di una storia di anni o di attimi. E' il persempre che conta. Lo stesso persempre che usa la natura quando accende e spegne i fiori. In quel persempre ci rispecchiamo anche ora che siamo ai margini. E' il persempre che ti fa voltare per l'ultima volta. E' il persempre che mi suggerisce di allargare le braccia, per l'ultima volta. E' quel persempre che ti fa tornare, per l'ultima volta. Un fiore si accende, per l'ultima volta. Un fiore si spegne, per l'ultima volta. Perchè a te piace sapere di avere sempre un' ultima volta, dopo ogni persempre. |
fabioMD1960 sabato 24 luglio 2010 12:44 | 2/2 |
Uno dei temi insiti nell'esistenza umana, o perlomeno nell'esistenza di coloro che hanno la fortuna di essere stati dotati di un certo grado di sensibilità, e' incentrato sulla possibilità di esperire, il presente nel modo più compiuto possibile. Da quando gli esseri umani hanno iniziato ad avere consapevolezza del loro esistere, sono sorte spontanee le domande: ' chi sono ? .. che senso ha la mia vita ? cosa ci faccio su questo globo che viaggia nel cosmo ?' Probabilmente le risposte a questi quesiti sono tante quante gli esseri umani che si sono posti tali domande. Secondo alcune scuole di pensiero, il centro della questione poggia su una considerazione di base che corrobora in modo cospicuo e - a mio avviso - estremamente illuminante - lo sviluppo di una risposta adeguata a questi quesiti esistenziali. Tale considerazione scaturisce dalla considerazione che il tempo - il tempo soggettivo, 'nostro', come lo esperiamo noi esseri umani - in realtà non esiste ed e' una costruzione mentale basata sulla memoria. Memoria intesa come costante accumulazione di tutte le nostre esperienze, di tutto quello che facciamo, sentiamo e pensiamo nell'arco della nostra vita. Questi indirizzi di pensiero - chi si e' interessato alle filosofie Orientali ne' riconoscerà l'impronta nel mio ragionamento - non negano certo che esita il divenire fisico, inteso nel senso di scansione di attimi di realtà misurabili in secondi, ore o anni. Piuttosto mettono in discussione il 'nostro' senso del tempo, il nostro modo di sentire l'adesso, il passato e il domani. Secondo tali scuole di pensiero, il modo più compiuto - o perlomeno il modo più proficuo e umanamente realizzabile - per esperire e vivere appieno la nostra realtà, sarebbe quello di riuscire a esistere in un eterno presente, esperire costantemente l'adesso, riuscendo cosi' a 'spremere' tutto il succo dell'esistenza in un attimo eterno di realtà condensata e sempre cangiante. Cangiante perché nulla e' fermo, costante; tutto continuamente muta e si modifica, dipanandosi nel continuo cambiamento che è l'essenza stessa delle leggi del cosmo, del divenire e, quindi, della nostra esistenza. Ho apprezzato quanto scritto da elrey perché in queste frasi ravvedo questo coraggioso tentativo di voler cogliere e congelare, nel suo 'persempre', il senso dell'adesso, del passato e del futuro. |