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categoria: Poesie
E un giorno ti svegli stupita e di colpo ti accorgi
che non sono più quei fantastici giorni all'asilo
di giochi, di amici e se ti guardi attorno non scorgi
le cose consuete, ma un vago e indistinto profilo...
E un giorno cammini per strada e ad un tratto comprendi
che non sei la stessa che andava al mattino alla scuola,
che il mondo là fuori t'aspetta e tu quasi ti arrendi
capendo che a battito a battito è l'età che s'invola...
E tuo padre ti sembra più vecchio e ogni giorno si fa più lontano,
non racconta più favole e ormai non ti prende per mano,
sembra che non capisca i tuoi sogni sempre tesi fra realtà e sperare
e sospesi fra voglie alternate di andare e restare...
di andare e restare...
E un giorno ripensi alla casa e non è più la stessa
in cui lento il tempo sciupavi quand'eri bambina,
in cui ogni oggetto era un simbolo ed una promessa
di cose incredibili e di caffellatte in cucina...
E la stanza coi poster sul muro ed i dischi graffiati
persi in mezzo ai tuoi libri e a regali che neanche ricordi,
sembra quasi il racconto di tanti momenti passati
come il piano studiato e lasciato anni fa su due accordi...
E tuo padre ti sembra annoiato e ogni volta si fa più distratto,
non inventa più giochi e con te sta perdendo il contatto...
E tua madre lontana e presente sui tuoi sogni ha da fare e da dire,
ma può darsi non riesca a sapere che sogni gestire...
che sogni gestire...
Poi un giorno in un libro o in un bar si farà tutto chiaro,
capirai che altra gente si è fatta le stesse domande,
che non c'è solo il dolce ad attenderti, ma molto d'amaro
e non è senza un prezzo salato diventare grande...
I tuoi dischi, i tuoi poster saranno per sempre scordati,
lascerai sorridendo svanire i tuoi miti felici
come oggetti di bimba, lontani ed impolverati,
troverai nuove strade, altri scopi ed avrai nuovi amici...
Sentirai che tuo padre ti è uguale, lo vedrai un po' folle, un po' saggio
nello spendere sempre ugualmente paura e coraggio,
la paura e il coraggio di vivere come un peso che ognuno ha portato,
la paura e il coraggio di dire: "io ho sempre tentato,
io ho sempre tentato..."
segnalata da Ambra lunedì 1 dicembre 2003
voti: 2; popolarità: 1; 0 commenti
categoria: poesie
Per essere grandi
Per essere grandi
Ogni giorno è unico ed irripetibile come te,
vivi intensamente il tuo presente per avere dei bei ricordi in futuro.
Sii saggio nelle scelte che farai
e se commetterai degli errori abbi l’umiltà necessaria per riconoscerli
e l’intelligenza per imparare da essi.
Non dare ascolto al tuo orgoglio
quando è in contrasto con il buon senso,
sii sempre ragionevole ma laddove la ragione pone i suoi limiti
ascolta il tuo cuore e dagli voce.
Non fare tue le opinioni altrui ma rifletti sempre con la tua testa,
solo così potrai essere veramente libero da ogni condizionamento.
Affronta con coraggio le avversità che la vita porrà sulla tua strada,
perché ognuna di esse contribuirà a renderti più forte.
Sii sempre un amico sincero ma pretendi lo stesso da chi consideri tale.
Fai tue le gioie delle persone che ami e sii affranto per il loro dolore.
Non dimenticare mai il tuo passato,
ma fai in modo che non sconfini nel presente,
compromettendoti il futuro.
Di sempre quello che pensi, senza mai dimenticare
quanto prezioso a volte sia il silenzio.
Se per amore soffrirai,
fai che il dolore non inaridisca il tuo cuore,
ma lo aiuti a comprendere,
i mille significati
di questo nobile sentimento,
fino a quando imparerai a dare amore
a chi solo odio ha da donare,
e a regalare gioia
a chi ha il dolore scolpito sul viso.
Se riuscirai a fare tutto questo …
sarai davvero grande e da grande tu vivrai.
segnalata da Renato Volti lunedì 10 agosto 2009
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categoria: Poesie
Donna.
Da ventre tuo,
si nasce,
per cuor tuo,
si combatte,
e si muore.
Prediletta,
gelosi
tutti i padri,
dell'amor tuo,
rassegnati,
in accompagnarti
sposa
d'acquisito figlio.
D'ogni gesto,
parola, azione, sentimento,
musa ispiratrice,
in ogni cuor
tu vivi
in perenne momento.
Moglie in pazienti
quotidianità,
passionale amante,
in focose notti,
tenera madre e saggia
educatrice,
spesso incompresa
e maltrattata,
d'inaudite violenze
vittima indifesa.
Nonostante tutto
immensamente donna,
ovunque donna,
tu sei,
nostra guida,
angelo custode.
Antonio de Lieto Vollaro - tratto da 3 raccolta di poesie
segnalata da wolf23 lunedì 21 marzo 2011
voti: 108; popolarità: 13; 0 commenti
categoria: Poesie
I f (Lettera al figlio, 1910)
Se riesci a mantenere la calma
quando tutti attorno a te la stanno perdendo,
Se sai aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te
tenendo conto pero' dei loro dubbi;
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare
o essendo calunniato non rispondere con calunnie
o essendo odiato non dare spazio all'odio
senza tuttavia sembrare troppo buono ne' parlare troppo da saggio;
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se riesci a pensare senza fare di pensieri il tuo fine;
Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta
e trattare questi due impostori proprio nello stesso modo;
Se riesci a sopportare di sentire la verita' che tu hai detto,
distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui;
Se sai guardare le cose, per le quali hai dato la vita distrutte
e sai umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;
Se sai fare un'unica pila delle tue vittorie
e rischiarla in un solo colpo a testa o croce
e perdere e ricominciare dall'inizio
senza mai lasciarti sfuggire una sola parola su quello che hai perso;
Se sai costringere il tuo cuore,i tuoi nervi,
i tuoi polsi a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti piu'
e cosi' resistere quando in te non c'e' piu' nulla
tranne la volonta' che dice : resisti !;
Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua onesta'
o passeggiare con i re senza perdere il tuo comportamento normale;
Se non possono ferirti ne' i nemici ne' gli amici troppo premurosi;
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo;
Se riesci a riempire l'inesorabile minuto
dando valore ad ogni istante che passa:
tua e' la Terra e tutto cio' che vi e' in essa
e - quel che piu' conta - tu sarai un Uomo, figlio mio!
segnalata da Miki lunedì 18 febbraio 2002
voti: 4; popolarità: 0; 0 commenti
categoria: Poesie
divertente quella frase che dicesti
"non è l'uomo per te"
propio come una barzelletta
la vita è come uno specchio
ed il tuo cinismo ti ha reso
insensibile e ...
sola con i tuoi libri
ma un giorno carissima
ti renderai conto che non hai niente
che tutta la tua cultura è inutile
Saggio è chi sa cosa gli serve non mucchi di cose diceva Eschilo
e mi dispiace per te
ma non sai nulla
con il tuo freddo raziocinio
non potrai mai spiegare perchè io
da bambino immaturo e spaurito mi tramuterò in ambizioso uomo dagli occhi di ghiaccio
non potrai mai sapere qual'è e qunat'è
forte il legame che mi unisce a tua nipote
no
non lo potrai mai capire e non lo capirai mai
no non lo capirai
i cuccioli di leone
in apparenza sembrano innocui felini
ecco per cosa mi hai scambiato
per un gatto
quando invece ti trovavi di fronte un cucciolo di leone
si
spaventato
inesperto
ma pur sempre un leone
ti dimostrerò allora che la ferma volontà di un piccolo uomo
può tutto
una magia che non riuscirai mai ad accettare
finchè cercherai di capire!
perchè sei prigioniera della tua mente
persone come te sono i mediocri non io
perchè quando meno te lo aspetti
la mia collera fredda ti travolgerà
lo stupore sul tuo volto
quando saprai che
mille vette insormontabili per i piu'
scalero grazie all'odio che provo per te
carrissima intellettuale dei miei stivali
ma non ti darò la gioia di vedermi in azione
mi troverai già in alto ,lassu'
dove tu non potrai mai arrivare
mentre ti rido in faccia
mentre mi gusto il sapore della vittoria
allora QUELLA FRASE
ti apparrirà come la cosa piu' ridicola
che tu abbia mai sentito
e la cosa paradossale
è che tutto ciò è usciuto dalla tua bocca
segnalata da anonimo venerdì 11 ottobre 2002
voti: 18; popolarità: 0; 0 commenti
categoria: Poesie
Io... ragazzo del '49, IV parte (Fiducia nel futuro)
(come l'Italia e la Germania
degli anni trenta e quaranta...)
La stessa alzata di scudi
per un ideale di supremazia
della fede e dello spirito
contro il materialismo
del denaro e dell'edonismo.
Vedo trasformarsi in forza
l'umiliazione della gente,
di giorno in giorno
costretta a un disagio
ai limiti della sopravvivenza...
E altro ancora, di terribile...
ma non si può impugnare
l'arma dell'odio sterile
e della ceca ribellione
là dove si dovrebbe armare
invece il dono e il dovere
dell'unità civile e della solerte,
reciproca collaborazione...
Io rifiutai il nazifascismo,
perchè ha portato al razzismo
e alla disperazione milioni
e milioni di persone...
Ora le menti più illuminate
del grande e saggio Oriente
hanno il dovere di riunirsi
a un tavolo della pace
per stabilire che l'uomo
si liberi per sempre
delle faide sanguinarie
che ancora si propagano,
per distruggere le famiglie
come le nazioni intere...
L'Oriente civile ha il dovere
di trarsi dalle sabbie mobili
dell'ostinata violenza,
che non ha più altro sbocco
se non che in sé stessa...
E noi figli, tutti, della terra
aspettiamo questa voce
di clemenza, finalmente,
dell'Islam moderato,
che al cospetto dell'umanità
proclami la sua fede
nell'amore, nella giustizia
e nella libertà delle persone,
per la salvezza della civiltà
e il bene di tutte le nazioni
di questo povero pianeta,
che si chiama ancora Terra...
Fine della quarta e ultima parte.
FernyMax - tratto da riflessioni d'ora & allora
segnalata da FernyMax martedì 13 giugno 2006
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categoria: Poesie
Incute Risoluzioni
Incute Risoluzioni
Colleziono onde di lembi cobalti,
come puzzle per creare elisio
infranto in uggia etra,
dove astratto magenta permanente dell'istante che incorre nel bigio
corrompe insigne
lo strido dello squarcio
spargendo suspense
come pigmenti
di gocce d'amore e fiducia
nel lungo boulevard
della mia vita,
per raccogliere fedele
frammenti di argilla cotta
inflitti nei manrovesci dei disinganni
a rapportarmi con la edulcorata realtà
orientandomi inversamente
uscendo definitivamente
dal seno dell'illusione ottusa
di raggiungere un saggio traguardo
al fine del viale
dopo arduo affanno,
quando invece prima
dell'arcata iniziale marcia
avrei dovuto
rottare in orizzonti più rosei
ponderando con alacre maestria
una gloria più accessibile
da abbracciare
consapevole di ottenere
per allietarmi
nel recinto della quiete,
che non avrei dovuto abbandonare
per rincorrere le brillanti stelle
nel firmamento del certo infinito
incognito discusso
in sub iudice dal mio animo
in costante preda
da quelle folate contraddittorie
tra sogno e ragione
a farsi guerra,
per vincermi in fine consumata
dai rimorsi e sensi di colpa
di quel che poteva essere
e non è stato
per aver preso
la direzione del sopravvento
sussurrato a gran fiato
all'orecchio della mia impulsività,
nel coronare cieca
la ricerca terminale
in un sorriso di sogno
da stringere tra le mie braccia.
©Laura Lapietra
segnalata da Laura Lapietra venerdì 10 febbraio 2023
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categoria: Poesie
Il Povero Ricco
Il Povero Ricco
Nell'ampio solco dell'aspra vita
in penuria di gratificazioni
tra scalogne e malanni
un pover uomo a stenti
tenta di arrabattarsi.
E quando un radioso lampo
della propizia sorte
nel distendere le sue pianure
gagliarda lo ammenda
rendendolo arpagone
d'oculatezza negli agi
dei suoi mille appagamenti,
in quel infiammante mondo
ove il lusso ha il suo flusso,
l'altra faccia della medaglia,
attanaglia!
L'abbondanza
misura l'importanza
del denaro in danza
che baciando ambasce
che il bisogno creava
metamorfosando il suo cuore
palpitando sotto piogge
di monete suoi fedeli amici
in gabbia dorata ove dignità
seppelliva in sgargianti eccessi.
Caligini d'illusioni nel percepire
reali confini nello stile
di vera vita lo inducevano
in effimeri incantesimi di mali!
Ma ahimè la sete
di sinceri sorrisi
delle perdute amicizie
e la calda luce dell'amore
ne svela la sua mancanza,
cosicché il povero ricco
si destò dal sonno
con saggio coraggio
e fremente ripercorse
antichi giorni nella nostalgia
quando autentico
era il suo affetto scaturito
dalla foce dell'anima,
ove nessun sentimento
si può vendere o comprare
col potete del denaro.
Concepì che
il suo patrimonio
era nel suo cuore purificato
dalle lacrime del suo
ridimenzionamento,
poiché da falsi idoli
che lo celebrava idiota
sbloccato era ormai,
smaliziato dal denaro
che nonostante si manifesta
potente e allettante
non può essere
unico e autentico
tesoro vincente!
Laura Lapietra ©
segnalata da Laura Lapietra lunedì 10 luglio 2023
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categoria: poesie
L'iconoclasta
Durante il millennio dell’impero,
un tal che abominava il simulacro
degli dei di Bisanzio e il sacro
inganno del riflesso del mistero,
volle passare in amplia rassegna
ogni immagine e icona veneranda
per giugere a ciò che rimanda,
per svelare ciò che il mistero insegna.
La sua avidità si abbattè prima
sul simbolo che la vista osserva
ignorando il contenuto che serva.
Al rogo mandò icona e dottrina.
Non vide più l’esigua evidenza,
ritenne ingannosi pittori e scalpelli
da Fidia a tutti i dorati tasselli
dei mosaici di Giustiniano e la scienza
di Platone e della sua memoria
che tra idee nel Iperuranio erra
(come era duro Platone in terra
mentre ora lì vaga la sua scoria).
Qualcuno defini l’adolescente
immaturo e dura e aspra esperienza
l’avrebbe tolto all’errata sapienza
che divide il simulacro dall’Ente.
Il povero ragazzo pianse notti
e giorni interi, in ricerca continua
del silenzio che a volte s’insinua
tra dipinti, disegni e marmi rotti.
Non ne rimase molto al suo passaggio
fu tutto, si diceva, un grande sbaglio.
Anche poi il verbo divenne bersaglio,
uccise oratori e un monaco saggio.
Vide nelle parole il pallido specchio
di un dio morto, di una luce portata
da un angelo che l’aveva rubata
all’Archetipo uditore, l’Orecchio.
E si tagliò l’orecchio (così forse
l’iconolatra olandese concordava
con il ragazzo), la lingua grondava
di sangue e silenzio quando la morse.
Nulla era più recondito riflesso,
solo il mondo e l’inscrutabile Ente,
tutto era vuoto, tutto era l’Ente,
finché non vide un dì il più complesso
motivo dell’infelicità umana,
non contemplato a Nicea né a Roma:
il proprio riflesso e l’assioma
che lo vede come dimora vana,
il corpo e anche lo spettro nel riflesso,
di quello che è, spirito e sostanza
della luce delle pupille e della costanza
dell’Io, dimora, abitante e nesso.
Volle uccidere se stesso, il suo io,
perché capì di essere il più raro
simbolo e forse anche il più amaro.
Può forse il suo simbolo uccidere Dio?
Non si uccise. Piangendo balbettava
qualche suono, umiliato e maldestro.
Senza parole quindi, divenne maestro
nell’arte che il ragazzo rifiutava.
Vive in opere immense e durature
oggi,sempre, muto e senza mistero.
Dio diede un taciturno e sincero
simbolo, tra tante Sue immagini scure.
Che Dio sia forse il simbolo più alto
di Qualcosa ancora superiore?
Non oso dare all’icona maggiore
peso. Il silenzio Gli darà risalto.
AnonimFederico E. D’Angelo Di Paolao
segnalata da Federico E. D'Angelo Di Paola martedì 3 giugno 2008
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