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categoria: Poesie
Freddissima resurrezione
Freddissima resurrezione, da
anni non è cosi: sui bastioni stenta,
torna clandestina la novita'
delle gemme, un'immensa, macilenta
spoglia dilaga, copre la citta'
anche se già il crepuscolo s'inventa
con loschi bagliori un'eternita'
senza gloria. Non più della perenta
pelle in cui vive, da cui sguscera'
per vivere la serpe è questo niente
che ci separa, aria da foglie, gente
che aspetta pallidamente di qua
e di là d'una lapide, i non morti
ancora dai non ancora risorti.
Giovanni Raboni - tratto da Ogni terzo pensiero
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categoria: Poesie
Un'alba
Com'e' spoglia la luna, è quasi l'alba.
Si staccano i convogli, nella piazza
bruna di terra il verde dei giardini
trema d'autunno nei cancelli.
E' l'ora fioca in cui s'incide al freddo
la tua città deserta, appena un trotto
remoto di cavallo, l'attacchino
sposta dolce la scala lungo i muri
in un fruscio di carta.
La tua stanza
leggera come il sonno sarà nuova
e in un parato da campagna al sole
roseo d'autunno s'aprira'.
La fredda
banchina dei mercati odora d'erba.
La porta verde della chiesa è il mare.
Alfonso Gatto - tratto da Arie e Ricordi
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categoria: Poesie
Semplicita'
L'uomo solo - che è stato in prigione -
ritorna in prigione ogni volta che morde
in un pezzo di pane.
In prigione sognava le lepri che fuggono
sul terriccio invernale. Nella nebbia d'inverno
l'uomo vive tra muri di strade, bevendo
acqua fredda e mordendo in un pezzo di pane.
Uno crede che dopo rinasca la vita,
che il respiro si calmi, che ritorni l'inverno
con l'odore del vino nella calda osteria,
e il buon fuoco, la stalla, e le cene. Uno crede,
fin che è dentro uno crede. Si esce fuori una sera,
e le lepri le han prese e le mangiano al caldo
gli altri, allegri. Bisogna guardarli dai vetri.
L'uomo solo osa entrare per bere un bicchiere
quando proprio si gela, e contempla il suo vino:
il colore fumoso, il sapore pesante.
Morde il pezzo di pane, che sapeva di lepre
in prigione, ma adesso non sa più di pane
ne' di nulla. E anche il vino non sa che di nebbia.
L'uomo solo ripensa a quei campi, contento
di saperli già arati. Nella sala deserta
sottovoce si prova a cantare. Rivede
lungo l'argine il ciuffo di rovi spogliati
che in agosto fu verde. Dà un fischio alla cagna.
E compare la lepre e non hanno più freddo.
Cesare Pavese - tratto da Lavorare stanca
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categoria: Poesie
Simile a un dio mi sembra quell'uomo
Simile a un dio mi sembra quell'uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, sùbito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell'erba; e poco lontana mi sento
dall'essere morta.
Ma tutto si può sopportare...
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categoria: Poesie
Io ardo" dissi e la risposta invano
"Io ardo" dissi, e la risposta invano,
come 'l gioco chiedea, lasso, cercai;
onde tutto quel giorno e l'altro andai
qual uom, ch'e' fatto per gran doglia insano.
Poi che s'avide, ch'io potea lontano
esser da quel penser, più pia che mai
ver me volgendo de' begli occhi i rai,
mi porse ignuda la sua bella mano.
Fredda era più che neve; ne' 'n quel punto
scorsi il mio mal , tal di dolcezza velo
m'avea dinanzi ordito il mio desire.
Or ben mi trovo a duro passo giunto,
che', s'i' non erro, in quella guisa dire
volle Madonna a me, com'era un gelo.
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categoria: Poesie
Pianto Antico
L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
dà bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
tu fior della mia pianta
percossa e inaridita,
tu dell'inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
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categoria: Poesie
Che stai?
Che stai? già il secol l'orma ultima lascia;
dove del tempo son le leggi rotte
precipita, portando entro la notte
quattro tuoi lustri, e obblio freddo li fascia.
Che se vita è l'error, l'ira, e l'ambascia,
troppo hai del viver tuo l'ore prodotte;
or meglio vivi, e con fatiche dotte
a chi diratti antico esempi lascia.
Figlio infelice, e disperato amante,
e senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
giovine d'anni e rugoso in sembiante,
che stai? breve è la vita, e lunga è l'arte;
a chi altamente oprar non è concesso
fama tentino almen libere carte.
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categoria: Poesie
Questa vita mortal, che 'n una o 'n due
Questa vita mortal, che 'n una o 'n due
brevi e notturne ore trapassa, oscura
e fredda, involto avea fin qui la pura
parte di me ne l'atre nubi sue.
Or a mirar le grazie tante tue
prendo, che' frutti e fior, gielo e arsura,
e si dolce del ciel legge e misura,
eterno Dio, tuo magisterio fue.
Anzi 'l dolce aer puro e questa luce
chiara, che 'l mondo a gli occhi nostri scopre,
traesti tu d'abissi oscuri e misti:
e tutto quel che 'n terra o 'n ciel riluce
di tenebre era chiuso, e tu l'apristi;
e 'l giorno e 'l sol de le tue man sono opre.
Giovanni Della Casa - tratto da Rime
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categoria: Poesie
L'anguilla
L' anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre piú addentro, sempre piú nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d' acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d' Appennino alla Romagna;
l' anguilla, torcia, frusta,
freccia d' Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l' anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l' arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito:
l' iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell' uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
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categoria: Poesie
A Silvia
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d'amore.
Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
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categoria: Poesie
Della testa di morto
L'Acherontia frequenta le campagne,
i giardini degli uomini, le ville;
di giorno giace contro i muri e i tronchi,
nei corridoi più cupi, nei solai
più desolati, sotto le grondaie,
dorme con l'ali ripiegate a tetto.
E n'esce a sera. Nelle sere illuni
fredde stellate di settembre, quando
il crepuscolo già cede alla notte
e le farfalle della luce sono
scomparse, l'Acherontia lamentosa
si libra solitaria nelle tenebre
tra i camerops, le tuje, sulle ajole
dove dianzi scherzavano i fanciulli,
le Vanesse, le Arginnidi, i Papili.
L'Acherontia s'aggira: il pipistrello
l'evita con un guizzo repentino.
L'Acherontia s'aggira. Alto è il silenzio
comentato, non rotto, dalle strigi,
dallo stridio monotono dei grilli.
La villa è immersa nella notte. Solo
spiccano le finestre della sala
da pranzo dove la famiglia cena.
L'Acherontia s'appressa esita spia
numera i commensali ad uno ad uno,
sibila un nome, cozza contro i vetri
tre quattro volte come nocca ossuta.
La giovinetta più pallida s'alza
con un sussulto, come ad un richiamo.
"Chi c'e'?" Socchiude la finestra, esplora
il giardino invisibile, protende
il capo d'oro nella notte illune.
"Chi c'e'? Chi c'e'?" "Non c'è nessuno, Mamma!"
Richiude i vetri, con un primo brivido,
risiede a mensa, tra le sue sorelle.
Ma già s'ode il garrito dei fanciulli
giubilanti per l'ospite improvvisa,
per l'ospite guizzata non veduta.
Intorno al lume turbina ronzando
la cupa messaggiera funeraria.
Guido Gozzano - tratto da Le farfalle. Epistole entomologiche
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categoria: Poesie
Le ondine
D'un lago tacito
cinto di betule
sopra le immobili
onde turchine
ridde volubili
danzano, intrecciano
famiglie aeree
d'agili Ondine.
Volano, volano
in giro languide
coi bracci pendoli,
come chi dorme;
i veli nivei
tessuti d'alito
lasciano scorgere
le dive forme.
Le membra a'n gelide,
le labbra pallide,
il crin cinereo,
non a'nno il core.
Sono una nuvola
di fredde vergini,
che mai non seppero
che fosse amore.
Lieve uno strepito,
come per l'aride
foglie fa il zefiro,
danno i lor balli;
altere ammirano
le proprie immagini
pinte sui liquidi
cupi cristalli.
Quando la candida
luna le irradia,
sembrano un'orbita
d'iride stanca;
ombre di giovani,
larve di silfidi,
altro che l'anima
a lor non manca.
Con volo instabile
girano in garrulo
vortice assiduo
i tuoi pensieri,
Elisa, simili
ai fochi fatui,
che a notte danzano
pei cimiteri.
I tuoi sarebbero
baci adorabili,
se non sentissero
di labbra spente:
degne degli angeli
le tue blandizie,
s'elle non fossero
fatte di niente.
O sciolga il tenero
cinto di Venere,
o inesorabile
ricusi amore,
sereno, gelido
sempre ed immobile
in solitudine
stagna il tuo core.
Superba e vacua
divina statua
non a'i delizie,
non a'i tormenti;
l'inerzia vegeta
ne le tue viscere,
leggiadra sterile
di sentimenti.
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categoria: Poesie
La quiete dopo la tempesta
assata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo à suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
È diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.
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categoria: Poesie
caldo freddo d'inverno
Avverto nell'aria il freddo gelido
che pungente scalda le mie vene
un freddo dal calore tenero
un tenero cuore gelido caldo di pensieri
un pensiero senza vita che sfida
le dure leggi del surreale
e manifesto qui il mio amore
rinnegando parte di un dolore
che affligge una vita di rimpianti
in cui la fine sarà l'inizio dei miei giorni.
alberto fertillo - tratto da il mio libro " overniente oltre il limite "
segnalata da alberto fertillo sabato 28 agosto 2004
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categoria: poesie
Cielo freddo
Un muro di nubi dense
pone alla base del ponente
scure porpore pretese.
Con la notte tutto finisce.
Il cielo freddo è trasparente.
La mia anima è l'ombra presente di una presenza passata.
I miei sentimenti sono orme.
La notte si fredda di astri.
segnalata da L L domenica 27 gennaio 2008
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categoria: Poesie
Il freddo di febbraio 2012
IL FREDDO DI FEBBRAIO 2012
Tengo cchiù ‘e sittant’anne
e nunn’aggio visto maje
‘na ggelata accussì forte
ca’ si arapa a porta ‘e case.
trase ‘a neva ‘ngoppa ‘e vase.
Fa ‘nu freddo ca’ se more,
e pure si nun chiove ‘a fora,
tengo l’osse cungelate
e già penzo ca’ chesta notta
sarà veramente ‘na mala nuttata.
Pure ‘a rentiera s’è gelata
e nun pozzo manco mangià,
tutt’à vocca s’è fermata
e se rifiuta ‘e fa’ trasì,
pure ‘nu poco e marmellata.
Telefono subbito o miereco ‘e famiglia,
e me risponne ca è meglio ca’ me piglio
nu’ bicchiere ‘e vino tuosto,
ca’ cumme accummenza a effetto fa,
‘a rentiera s’arrepiglia a funziunà.
Ammiezz’à tutta sta’ confusione
m’aggio sculato tutt’ò fiascone,
‘a rentiera s’è aggià sbluccata,
ma ‘o cervello e ggià annebbiato,
e nun me rice re mangià.
Riesca a truvà ‘a camera ra’ lietto,
pecchè a porta steva aperta,
me vaco a ‘nfilà sott’è ccuperte
e quanno arriva la conzorte,
sente chiaro ca’ stongo a russà.
‘A matina aroppa, songo ‘e ddiece,
me vene voglie re scetà.
Guardo a fora, veco a neve,
tutta janca ca scenne ro’ cielo,
ma io sott’è ccuperte me ne torno arravuglià!!!
Catello Nastro
TRADUZIONE A SENSO
Ho superato oramai i settanta anni, ma non ho mai sentito un freddo così forte. Anche la dentiera si è congelata e non riesco nemmeno a mangiare. Telefono al mio medico che mi consiglia di scongelarla con un bel bicchiere di vino. Mi scolo tutto il fiasco: la dentiera si sblocca, ma si blocca il cervello. Riesco a trovare la camera da letto, mi infilo sotto le coperte e dopo un poco incomincio a russare.. Il mattino seguente mi alzo alle dieci, vedo il freddo fuori e me ne torno a dormire…
segnalata da Catello Nastro giovedì 9 febbraio 2012
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categoria: poesie
DAL FREDDO E DAL GELO
nel freddo gelo invernale
una melodia dolce arriva
da uno piccolo squarcio
nel cielo, dove brilla il blu,
un blu che da speranza,
un blu che respira nel profondo,
gli alberi dormono, la terra riposa
nell'attesa del tempo gioioso,
io piccola farfalla ho chiuso le mie ali,
attendo lo scintillio delle stelle
l'armonia dello spirito dormiente
il bacio del principe invisibile,
il suo tocco magico,
che apra le mie ali dorate
e lasci volare me per
l'itero firmamento.
segnalata da daniela cesta mercoledì 16 gennaio 2013
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categoria: Poesie
FREDDO RAGGIO DI SOLE
il freddo raggio di sole, attraversa i tronchi
degli alberi spogli, fa brillare i cristalli di neve,
il bosco sembra magico nella lucentezza del tramonto,
riverbero invernale, che abbraccia ogni cosa,
abbraccia il cuore e fa scendere una lacrima silenziosa,
tutto è intatto e puro, regna la luce che piano,
torna nel cielo, i passeri cinguettando, salutano,
gli occhi brillano, per tanta bellezza,
l'anima esulta, per tanto amore divino,
lo spirito di Dio, vive nella natura
e dentro di noi, splende in tutto, il suo amore,
rispetto, cura, amore, benevolenza, carità,
dobbiamo avere per noi stessi, e il mondo intero.
segnalata da DANIELA CESTA domenica 18 gennaio 2015
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categoria: Poesie
Tristezza
Può la vita tradursi in fede, può l'amore degli uomini pervadere l'animo della gente, dal silenzio astioso delle ombre si eleva un grido sordo e angusto, il corpo riverso su freddo pavimento. La tristezza non è mai doma. La luna fa capolino tra le nuvole come testimone ignara delle sofferenze umane, la guarda l'uomo dai suoi immensi e grandi occhi , riflessi di tutta la tristezza della sua effimera esistenza. Fredda è la notte l’anima è attonita, è il silenzio della vita.
Marcello Civale - tratto da mie..
segnalata da Peppe Augusto venerdì 31 dicembre 2010
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categoria: Poesie
Abbandono
Mi sento come una mela spezzata
Che ha perso per sempre la sua metà lontana.
La solitudine è davvero
Più fredda del freddo più freddo.
Marco Buso - tratto da Poesia personale
segnalata da Marco Buso venerdì 16 giugno 2006
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