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categoria: Poesie

Donna.

Da ventre tuo,
si nasce,
per cuor tuo,
si combatte,
e si muore.

Prediletta,
gelosi
tutti i padri,
dell'amor tuo,
rassegnati,
in accompagnarti
sposa
d'acquisito figlio.

D'ogni gesto,
parola, azione, sentimento,
musa ispiratrice,
in ogni cuor
tu vivi
in perenne momento.

Moglie in pazienti
quotidianità,
passionale amante,
in focose notti,
tenera madre e saggia
educatrice,
spesso incompresa
e maltrattata,
d'inaudite violenze
vittima indifesa.

Nonostante tutto
immensamente donna,
ovunque donna,
tu sei,
nostra guida,
angelo custode.

Antonio de Lieto Vollaro - tratto da 3 raccolta di poesie

segnalata da wolf23 lunedì 21 marzo 2011

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categoria: Poesie


divertente quella frase che dicesti
"non è l'uomo per te"
propio come una barzelletta
la vita è come uno specchio
ed il tuo cinismo ti ha reso
insensibile e ...
sola con i tuoi libri
ma un giorno carissima
ti renderai conto che non hai niente
che tutta la tua cultura è inutile
Saggio è chi sa cosa gli serve non mucchi di cose diceva Eschilo
e mi dispiace per te
ma non sai nulla
con il tuo freddo raziocinio
non potrai mai spiegare perchè io
da bambino immaturo e spaurito mi tramuterò in ambizioso uomo dagli occhi di ghiaccio
non potrai mai sapere qual'è e qunat'è
forte il legame che mi unisce a tua nipote
no
non lo potrai mai capire e non lo capirai mai
no non lo capirai
i cuccioli di leone
in apparenza sembrano innocui felini
ecco per cosa mi hai scambiato
per un gatto
quando invece ti trovavi di fronte un cucciolo di leone
si
spaventato
inesperto
ma pur sempre un leone
ti dimostrerò allora che la ferma volontà di un piccolo uomo
può tutto
una magia che non riuscirai mai ad accettare
finchè cercherai di capire!
perchè sei prigioniera della tua mente

persone come te sono i mediocri non io
perchè quando meno te lo aspetti
la mia collera fredda ti travolgerà
lo stupore sul tuo volto
quando saprai che
mille vette insormontabili per i piu'
scalero grazie all'odio che provo per te
carrissima intellettuale dei miei stivali
ma non ti darò la gioia di vedermi in azione
mi troverai già in alto ,lassu'
dove tu non potrai mai arrivare
mentre ti rido in faccia
mentre mi gusto il sapore della vittoria
allora QUELLA FRASE
ti apparrirà come la cosa piu' ridicola
che tu abbia mai sentito
e la cosa paradossale
è che tutto ciò è usciuto dalla tua bocca


segnalata da anonimo venerdì 11 ottobre 2002

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categoria: Poesie

Io... ragazzo del '49, IV parte (Fiducia nel futuro)

(come l'Italia e la Germania
degli anni trenta e quaranta...)

La stessa alzata di scudi
per un ideale di supremazia

della fede e dello spirito
contro il materialismo

del denaro e dell'edonismo.
Vedo trasformarsi in forza

l'umiliazione della gente,
di giorno in giorno

costretta a un disagio
ai limiti della sopravvivenza...

E altro ancora, di terribile...
ma non si può impugnare

l'arma dell'odio sterile
e della ceca ribellione

là dove si dovrebbe armare
invece il dono e il dovere

dell'unità civile e della solerte,
reciproca collaborazione...

Io rifiutai il nazifascismo,
perchè ha portato al razzismo

e alla disperazione milioni
e milioni di persone...

Ora le menti più illuminate
del grande e saggio Oriente

hanno il dovere di riunirsi
a un tavolo della pace

per stabilire che l'uomo
si liberi per sempre

delle faide sanguinarie
che ancora si propagano,

per distruggere le famiglie
come le nazioni intere...

L'Oriente civile ha il dovere
di trarsi dalle sabbie mobili

dell'ostinata violenza,
che non ha più altro sbocco

se non che in sé stessa...
E noi figli, tutti, della terra

aspettiamo questa voce
di clemenza, finalmente,

dell'Islam moderato,
che al cospetto dell'umanità

proclami la sua fede
nell'amore, nella giustizia

e nella libertà delle persone,
per la salvezza della civiltà

e il bene di tutte le nazioni
di questo povero pianeta,

che si chiama ancora Terra...

Fine della quarta e ultima parte.

FernyMax - tratto da riflessioni d'ora & allora

segnalata da FernyMax martedì 13 giugno 2006

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categoria: Poesie

Incute Risoluzioni

Incute Risoluzioni

Colleziono onde di lembi cobalti,
come puzzle per creare elisio
infranto in uggia etra, 
dove astratto magenta permanente dell'istante che incorre nel bigio
corrompe insigne
lo strido dello squarcio
spargendo  suspense
come pigmenti
di gocce d'amore e fiducia
nel lungo boulevard
della mia vita,
per raccogliere fedele
frammenti di argilla cotta
inflitti nei manrovesci dei disinganni
a rapportarmi con la edulcorata realtà
orientandomi inversamente
uscendo definitivamente
dal seno dell'illusione ottusa
di raggiungere un saggio traguardo
al fine del viale
dopo arduo affanno,
quando invece prima
dell'arcata  iniziale marcia
avrei dovuto
rottare in orizzonti più rosei
ponderando con alacre maestria
una gloria più accessibile
da abbracciare
consapevole di ottenere
per allietarmi
nel recinto della quiete,
che non avrei dovuto abbandonare
per rincorrere le brillanti stelle
nel firmamento del certo infinito
incognito discusso
in sub iudice dal mio animo
in costante preda
da quelle folate contraddittorie
tra sogno e ragione
a farsi guerra,
per vincermi in fine consumata
dai rimorsi e sensi di colpa
di quel che poteva essere
e non è stato
per aver preso
la direzione del sopravvento
sussurrato a gran fiato
all'orecchio della mia impulsività,
nel coronare cieca
la ricerca terminale
in un sorriso di sogno
da stringere tra le mie braccia.

©Laura Lapietra

Laura Lapietra

segnalata da Laura Lapietra venerdì 10 febbraio 2023

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categoria: Poesie

Il Povero Ricco

Il Povero Ricco

Nell'ampio solco dell'aspra vita
in penuria di gratificazioni
tra scalogne e malanni
un pover uomo a stenti
tenta di arrabattarsi.
E quando un radioso lampo
della propizia sorte
nel distendere le sue pianure
gagliarda lo ammenda
rendendolo arpagone
d'oculatezza negli agi
dei suoi mille appagamenti,
in quel infiammante mondo
ove il lusso ha il suo flusso,
l'altra faccia della medaglia,
attanaglia!
L'abbondanza
misura l'importanza
del denaro in danza
che baciando ambasce
che il bisogno creava
metamorfosando il suo cuore
palpitando sotto piogge
di monete suoi fedeli amici
in gabbia dorata ove dignità
seppelliva in sgargianti eccessi.
Caligini d'illusioni nel percepire
reali confini nello stile
di vera vita lo inducevano
in effimeri incantesimi di mali!
Ma ahimè la sete
di sinceri sorrisi
delle perdute amicizie
e la calda luce dell'amore
ne svela la sua mancanza,
cosicché il povero ricco
si destò dal sonno
con saggio coraggio
e fremente ripercorse
antichi giorni nella nostalgia
quando autentico
era il suo affetto scaturito
dalla foce dell'anima,
ove nessun sentimento
si può vendere o comprare
col potete del denaro.
Concepì che
il suo patrimonio
era nel suo cuore purificato
dalle lacrime del suo
ridimenzionamento,
poiché da falsi idoli
che lo celebrava idiota
sbloccato era ormai,
smaliziato dal denaro
che nonostante si manifesta
potente e allettante
non può essere
unico e autentico
tesoro vincente!

Laura Lapietra ©

Laura Lapietra

segnalata da Laura Lapietra lunedì 10 luglio 2023

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categoria: poesie

L'iconoclasta

Durante il millennio dell’impero,
un tal che abominava il simulacro
degli dei di Bisanzio e il sacro
inganno del riflesso del mistero,

volle passare in amplia rassegna
ogni immagine e icona veneranda
per giugere a ciò che rimanda,
per svelare ciò che il mistero insegna.

La sua avidità si abbattè prima
sul simbolo che la vista osserva
ignorando il contenuto che serva.
Al rogo mandò icona e dottrina.

Non vide più l’esigua evidenza,
ritenne ingannosi pittori e scalpelli
da Fidia a tutti i dorati tasselli
dei mosaici di Giustiniano e la scienza

di Platone e della sua memoria
che tra idee nel Iperuranio erra
(come era duro Platone in terra
mentre ora lì vaga la sua scoria).

Qualcuno defini l’adolescente
immaturo e dura e aspra esperienza
l’avrebbe tolto all’errata sapienza
che divide il simulacro dall’Ente.

Il povero ragazzo pianse notti
e giorni interi, in ricerca continua
del silenzio che a volte s’insinua
tra dipinti, disegni e marmi rotti.

Non ne rimase molto al suo passaggio
fu tutto, si diceva, un grande sbaglio.
Anche poi il verbo divenne bersaglio,
uccise oratori e un monaco saggio.

Vide nelle parole il pallido specchio
di un dio morto, di una luce portata
da un angelo che l’aveva rubata
all’Archetipo uditore, l’Orecchio.

E si tagliò l’orecchio (così forse
l’iconolatra olandese concordava
con il ragazzo), la lingua grondava
di sangue e silenzio quando la morse.
Nulla era più recondito riflesso,
solo il mondo e l’inscrutabile Ente,
tutto era vuoto, tutto era l’Ente,
finché non vide un dì il più complesso

motivo dell’infelicità umana,
non contemplato a Nicea né a Roma:
il proprio riflesso e l’assioma
che lo vede come dimora vana,

il corpo e anche lo spettro nel riflesso,
di quello che è, spirito e sostanza
della luce delle pupille e della costanza
dell’Io, dimora, abitante e nesso.

Volle uccidere se stesso, il suo io,
perché capì di essere il più raro
simbolo e forse anche il più amaro.
Può forse il suo simbolo uccidere Dio?

Non si uccise. Piangendo balbettava
qualche suono, umiliato e maldestro.
Senza parole quindi, divenne maestro
nell’arte che il ragazzo rifiutava.

Vive in opere immense e durature
oggi,sempre, muto e senza mistero.
Dio diede un taciturno e sincero
simbolo, tra tante Sue immagini scure.

Che Dio sia forse il simbolo più alto
di Qualcosa ancora superiore?
Non oso dare all’icona maggiore
peso. Il silenzio Gli darà risalto.

AnonimFederico E. D’Angelo Di Paolao

segnalata da Federico E. D'Angelo Di Paola martedì 3 giugno 2008


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