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Benedetto sia 'l giorno, e 'l mese, e l'anno
Benedetto sia 'l giorno, e 'l mese, e l'anno,
e la stagione, e 'l tempo, e l'ora, e 'l punto,
e 'l bel paese, e 'l loco ov'io fui giunto
dà duo begli occhi, che legato m'hanno;
e benedetto il primo dolce affanno ch'i' ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l'arco, e le saette ond'i' fui punto,
e le piaghe che 'n fin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io
chiamando il nome de mia donna ho sparte,
e i sospiri, e le lagrime, e 'l desio;
e benedette sian tutte le carte
ov'io fama l'acquisto, e 'l pensier mio,
ch'è sol di lei, sì ch'altra non v'ha parte.
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Semplicita'
L'uomo solo - che è stato in prigione -
ritorna in prigione ogni volta che morde
in un pezzo di pane.
In prigione sognava le lepri che fuggono
sul terriccio invernale. Nella nebbia d'inverno
l'uomo vive tra muri di strade, bevendo
acqua fredda e mordendo in un pezzo di pane.
Uno crede che dopo rinasca la vita,
che il respiro si calmi, che ritorni l'inverno
con l'odore del vino nella calda osteria,
e il buon fuoco, la stalla, e le cene. Uno crede,
fin che è dentro uno crede. Si esce fuori una sera,
e le lepri le han prese e le mangiano al caldo
gli altri, allegri. Bisogna guardarli dai vetri.
L'uomo solo osa entrare per bere un bicchiere
quando proprio si gela, e contempla il suo vino:
il colore fumoso, il sapore pesante.
Morde il pezzo di pane, che sapeva di lepre
in prigione, ma adesso non sa più di pane
ne' di nulla. E anche il vino non sa che di nebbia.
L'uomo solo ripensa a quei campi, contento
di saperli già arati. Nella sala deserta
sottovoce si prova a cantare. Rivede
lungo l'argine il ciuffo di rovi spogliati
che in agosto fu verde. Dà un fischio alla cagna.
E compare la lepre e non hanno più freddo.
Cesare Pavese - tratto da Lavorare stanca
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Nel portico
Guardavo lassù nel soffitto
del portico, all'imbrunire,
seduto alla base
d'una colonna e riverso
contemplavo quel buio di polvere
indurita in un tartaro di secoli.
Immensi salivano a picco,
immensi in curva ala
i fusti giganti. In alto
s'intrecciavano in nodi fitti e scuri
come il tetto della foresta
che non lascia più scorgere il cielo.
Incastrati nel folto
fogliame delle colonne
erano i nidi e le grandi uova
cilestrine.
Si aprirono,
ne uscirono a volo
con l'uovo della cupola
favolosi uccelli Roch,
in una covata di nuvole bianche.
Giorgio Vigolo - tratto da Fra le due guerre
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Esortazione
nel distendere dietro la nuca una parete di
metallo
nell'appoggiare le mani sopra una parete che
non c'e'
come si propongono azioni di fronte a un
pubblico [pagato da altri
alzatevi e intingetevi l'indice
voltatevi e indicate l'uscita
osservando sollevando tutte le tende di seta
staccando distendendo le dita sopra questa
parete
come si strangolano animali in una stanza
gremita
alzatevi e dite di toccarvi
subito e in fretta
subito saltate via
Antonio Porta - tratto da Cara
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Un'alba
Com'e' spoglia la luna, è quasi l'alba.
Si staccano i convogli, nella piazza
bruna di terra il verde dei giardini
trema d'autunno nei cancelli.
E' l'ora fioca in cui s'incide al freddo
la tua città deserta, appena un trotto
remoto di cavallo, l'attacchino
sposta dolce la scala lungo i muri
in un fruscio di carta.
La tua stanza
leggera come il sonno sarà nuova
e in un parato da campagna al sole
roseo d'autunno s'aprira'.
La fredda
banchina dei mercati odora d'erba.
La porta verde della chiesa è il mare.
Alfonso Gatto - tratto da Arie e Ricordi
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