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L'iconoclasta
Durante il millennio dell’impero,
un tal che abominava il simulacro
degli dei di Bisanzio e il sacro
inganno del riflesso del mistero,
volle passare in amplia rassegna
ogni immagine e icona veneranda
per giugere a ciò che rimanda,
per svelare ciò che il mistero insegna.
La sua avidità si abbattè prima
sul simbolo che la vista osserva
ignorando il contenuto che serva.
Al rogo mandò icona e dottrina.
Non vide più l’esigua evidenza,
ritenne ingannosi pittori e scalpelli
da Fidia a tutti i dorati tasselli
dei mosaici di Giustiniano e la scienza
di Platone e della sua memoria
che tra idee nel Iperuranio erra
(come era duro Platone in terra
mentre ora lì vaga la sua scoria).
Qualcuno defini l’adolescente
immaturo e dura e aspra esperienza
l’avrebbe tolto all’errata sapienza
che divide il simulacro dall’Ente.
Il povero ragazzo pianse notti
e giorni interi, in ricerca continua
del silenzio che a volte s’insinua
tra dipinti, disegni e marmi rotti.
Non ne rimase molto al suo passaggio
fu tutto, si diceva, un grande sbaglio.
Anche poi il verbo divenne bersaglio,
uccise oratori e un monaco saggio.
Vide nelle parole il pallido specchio
di un dio morto, di una luce portata
da un angelo che l’aveva rubata
all’Archetipo uditore, l’Orecchio.
E si tagliò l’orecchio (così forse
l’iconolatra olandese concordava
con il ragazzo), la lingua grondava
di sangue e silenzio quando la morse.
Nulla era più recondito riflesso,
solo il mondo e l’inscrutabile Ente,
tutto era vuoto, tutto era l’Ente,
finché non vide un dì il più complesso
motivo dell’infelicità umana,
non contemplato a Nicea né a Roma:
il proprio riflesso e l’assioma
che lo vede come dimora vana,
il corpo e anche lo spettro nel riflesso,
di quello che è, spirito e sostanza
della luce delle pupille e della costanza
dell’Io, dimora, abitante e nesso.
Volle uccidere se stesso, il suo io,
perché capì di essere il più raro
simbolo e forse anche il più amaro.
Può forse il suo simbolo uccidere Dio?
Non si uccise. Piangendo balbettava
qualche suono, umiliato e maldestro.
Senza parole quindi, divenne maestro
nell’arte che il ragazzo rifiutava.
Vive in opere immense e durature
oggi,sempre, muto e senza mistero.
Dio diede un taciturno e sincero
simbolo, tra tante Sue immagini scure.
Che Dio sia forse il simbolo più alto
di Qualcosa ancora superiore?
Non oso dare all’icona maggiore
peso. Il silenzio Gli darà risalto.
AnonimFederico E. D’Angelo Di Paolao
segnalata da Federico E. D'Angelo Di Paola martedì 3 giugno 2008
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Perchè ?
Dimmi , perchè sei così
irraggiungibile bella stella
che brilli nel mio cielo ?
Dimmi, perchè sei così
bellissimo fiore di campo
che tutti ti vogliono ?
Io non mi so rispondere...
segnalata da FrauJupiter martedì 3 giugno 2008
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Non voglio più soltanto sguardi
Sotto i nostri occhiali da sole sapevamo di non dare nell’occhio
Ma che io fissavo te come tu fissavi me era ovvio
Mezz’ora soli siamo stati
Ma nessuno dei due ha avuto coraggio
E perciò neanche una parola ci siamo mai scambiati
Se però ti rivedessi adesso
Non mi lascerei scappare più l’occasione di parlarti
Non voglio più limitarmi soltanto a guardarti!
segnalata da giulia lunedì 2 giugno 2008
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So
Vorrei tu fossi qui
Vorrei ancora quei tuoi sguardi
Vorrei ancora rivederti
E solo al futuro posso affidarmi
Perché se il destino lo vorrà
So che il mio desiderio diverrà realtà
segnalata da giulia lunedì 2 giugno 2008
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Un particolare
Appena mi hai vista ti sono subito piaciuta
Anche io ti ho guardato
E tu mi hai seguita
Purtroppo però un particolare ci è sfuggito
Dovevamo conoscerci
E non soltanto fissarci all’infinito!
segnalata da giulia lunedì 2 giugno 2008
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