{ martedì 7 ottobre 2008 } A sprazzi sosteneva la sua natura diversa, di Poeta, la sua “natura –diceva- semidivina” e in altri momenti confessava di essere in fondo un uomo e che la poesia è pressoché un gioco.
In definitiva i suoi rapporti umani erano quasi inesistenti e i pochi che aveva erano trivellati dall’ossessione dell’Arte. Riconosceva il rapporto con l’Arte come un rapporto sessuale intricatesi con lo spettatore, l’opera… Viveva nel suo mondo di angeli decaduti, di “autodefecazione dell’opera”.
La penultima volta che lo vidi fu per qualche giorno a casa mia. Non faceva altro che bere. Aveva serie intenzioni suicide. Era una spugna, tra whisky, vino, birra, rum, si scolava tutto ciò che trovava o andava a comprare.
L’ultima volta mi fece spaventare. M’alzai durante la notte per andare in bagno e vidi delle chiazze a terra. Era dappertutto. Uscii a cercarlo… La mattina fu fatto rientrare di forza a casa… jackpass - 23:52 - 0 commenti - commenta | inizio |
{ mercoledì 1 ottobre 2008 } “Status”
Le sue manine sono inondate di sole sempre. Anche frai ghiacci respiri nell’alto, anche, tra gli affondi dei cuscini abbrutiti da sogni tempestati dalla realtà. Sempre. Nonostante gli urli fumosi dei condomini scivolanti o quando si ondeggiano zittiti dal maroso b######o. Le sue manine sono sempre limpide. Niente e d’alcuna potenza prepotenza può increspare la lucidità che si pare davanti agli occhi. Niente. Perché i suoi occhi guardano all’infinito fissamente l’assoluto. Tutto è sempre stato chiaro. Ogni vento, ogni parola, ogni parola, ogni respiro… Ogni di tutto ha sempre avuto un senso e un perfetto loco nell’Intero. I suoi occhi non s’appannano, mirano solo l’eterno in altro Dove. Eppure la totale comprensione l’ha resa felice.
Aveva cominciato a dischiudere gli occhi. Il ghiaccio vetro già sudava dalla potenza del Signore passante. Capì. Non fu neanche un momento a fermare le labbra dischiudendosi per l’amante ad asciugarsi.
Nemmeno la verità dell’amante di sempre e d’un solo attimo rimase fuori dalla sua comprensione. Anche quell’amore di cui qui non è più debole della propria Paura (1), trovò posto come ingranaggio unico nella sua esistenza.
Con molti peli o almeno giusti per una come lei, che l’uomo lo conobbe con questo corpo. È coperto da un lenzuolo in piccole aree alternate, quasi innaturale, eppure così magico da costituire il primo raggio di verità. Il tessuto contrasta con la scura peluria ma crea continuità con la pelle che è chiarissima. Il corpo propaga luce propria che irrompe e attraversa la penombra della stanza, investendo il corpo vestito di blu e gli occhi di lei. Il corpo rappresenta tutto il creato, in questo e poi, e quel momento. Lei avanza come sospesa e come comparsa dal nulla, senza movimento già si trova sovrastante il corpo dell’uomo. È presenza di un giovane fresco corpo con un manto ancora soffice biondo trasparente e non adulto oppure biondo come un naufrago cieco. È un corpo assoluto, cui le molte imperfezioni aprono sentieri ai corpi che Confluiscono in questo, dando armonia e sincronia atemporale con tutto ovunque, acquoso rarefatto, grave di come piombo e impercettibile sul grembo. Scosta il lenzuolo, piano, dalla spalla. Carezza mirata come involontaria la brezza la spalla e la bacia soffocando, per non lasciare niente al corpo, se non un senso di una vena scolpita sotto, da un sogno che aleggia allo sfumare della nebbia. Lenta lenta come fosse l’ultimo sguardo al mondo, chiude gli occhi. La mano sorvolando il corpo, giù fino al fianco, va a spogliarlo dell’ultimo lembo.
Ultima dissolvenza, anticipata, prima del dubbio.
1: Cfr. John Donne jackpass - 09:04 - 0 commenti - commenta | inizio |
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