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{ giovedì 13 luglio 2006 } Leaving HomeLa parte più difficile è sempre capire quando è il momento di andarsene. L'atto più audace, è metterlo in pratica. Significa dare un calcio a tutto quello che siamo, alle nostre certezze, alla placida tranquillità di un divano, una televisione e un letto che conosciamo a menadito. Naturalmente, in alcuni casi andarsene non è un'opzione: è l'unica regola per sopravvivere. Quando di placido non c'è niente altro in casa che l'omonimo attore mentre uno dei tuoi genitori guarda assente la televisione e l'altro è troppo stanco o impaurito o ubriaco per suonartele per una qualsiasi ragione. Andarsene quindi, non è un'alternativa: è la regola. E' il dogma di vita che hanno seguito tutti quanti fino a pochi decenni fa, quando l'uscita di casa significava maturità, indipendenza, e grande paura (o grande sollievo) e un pizzico di delusione (o di autocritica) per la maggior parte dei genitori. O almeno, così è sempre andato il mondo, fino a che le generazioni degli anni '70 e '80 hanno scoperto che il modo migliore di ribellarsi al sistema è quello di piantar le tende e restare immobili. Un'immobilità che genera apatia, stratificazione, stagnazione e che denota la completa mancanza di idee, di stimoli e in ultima analisi di intraprendenza. La guerra è stata vinta, il sistema non è riuscito a scalfire questa generazione, ma nella loro rivolta sonnacchiosa si sono persi, e tutto ciò che ne hanno ricavato è stato trasformare i genitori in tuttofare ad libitum. Svegliatevi gente! E' ora di alzarsi, spazzolare le ragnatele che vi inondano il cervello, muovere faticosamente i muscoli anchilosati dall'immobilismo e dirigersi verso la porta di casa. Uscire, affrontare il mondo, e capire che le ombre riflesse nella caverna non sono che un'imitazione della realtà che vi rifiutate di vivere. Fatelo prima possibile, rendete nuovamente padroni della loro vita i vostri cari, e forse anche voi riuscirete a capire cosa vi siete persi, e cosa vi siete negati per tanto tanto tempo... Dek - 18:16 |
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