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{ lunedì 18 settembre 2006 }

il primo racconto!

Le due di notte. Il silenzio è piombato sui nostri corpi accesi, fasciati un po’ solo dall’appiccicoso lenzuolo di cotone bianco. Che splendida serata! La cena al club, al lume di candela, un salottino in cuoio rosso scuro, così invitante… ed ora, io e te, qui, insieme, stretti sul tuo letto ad una piazza e mezza, liberi di toccarci, baciarci, avvinghiarci in abbracci e giochi multiformi. Liberi sì, ma col peso dei casini quotidiani che rallentano la nostra voglia di sperimentare nuovi appetiti, nuove provocazioni.

La porta finestra è aperta: assieme all’afa, entra un debole raggio di luna, che s’illude di illuminare le inquiete sensazioni che si aggrovigliano nelle nostre menti; fuori in giardino, il frinire pacato delle cicale si mescola al rombo delle auto che passano di tanto in tanto per la strada. Con una mano sento il cuore, cieco nella sua corsa. Le due di notte: già, è facile ascoltare il nostro respiro irregolare che vaga distratto dalle reciproche carezze che spendiamo tentando di carpirci desideri impronunciabili. Brevi, semplici parole, tra noi, formule rituali che celano un timore, “ansia da prestazione” dicono gli psicologi, chissà, ...

Io e te: il tuo corpo comodamente adagiato sopra il mio, gli occhi esplodono in baci folli, ripetuti; le mani, le gambe si cercano e si lasciano, si perdono nel piacere profondo. Le labbra turgide inseguono il tuo odore dietro il collo, sulle spalle, poi giù, sempre più…Gli sguardi amano fissarsi un po’ per trovare conferme. Entrare ed uscire da me: un brivido di irrinunciabili secondi, che sale al cervello confondendo l’essere tra cielo e terra. Le due e mezzo di notte: sì morire d’un amplesso che pare insaziabile, non la ragione, solo l’istinto governa attimi eterni. Notte di fine agosto, è il tempo per un’anima anelante, che ha trovato infine se stessa e che ha in disprezzo la luce del nuovo giorno.

Le tre di notte. “Ehi, stai bene piccola?” Nella penombra, due occhi vivaci scrutano ansiosi una mia risposta. Con le dita, scosto placidamente un biondo ricciolo ribelle dal tuo viso. Che dirti adesso? “ Sì certo, grazie, Luca.” Ma la mente va oltre: tra i ricordi, in fondo ai pensieri, forse no, forse m’è indifferente sapere, forse non ho ricevuto da te ciò che in quei momenti ignoravo di volere. Appoggio il volto contro il tuo petto, ancora intriso d’acqua di colonia: la pace che m’infonde il tuo affetto monopolizza il mio corpo, si scioglie nel sapore inebriante ed esclusivo della tua morbida pelle. La tua voce scherzosa mi sussurra infine all’orecchio: “Ti va di farlo ancora?” Sì il tuo desiderio mi ha contagiato, m’induce ad osare un’altra volta.

Lontano, sul marciapiede che cinge la strada, odo uno scalpicciare furtivo di ragazzi, i vicini probabilmente, leggeri ritornano da una festa, magari in riva la mare. Ricordo il nostro primo incontro mentre le palpebre socchiuse attendono che tu con arte lavori la mia essenza primordiale: era un mattino nuvoloso di primavera, sul mare spirava una debole bora che asciugava le fatiche, le delusioni non ancora sopite. Io vittima dei fumi dell’alcol al party in barca della sera prima, ero scesa sul piccolo molo che affiancava il Castello di Miramare, per fumarmi una sigaretta. Ero sfatta, vestita da cocktail, mi reggevo a fatica su tacchi vertiginosi, ma ho iniziato comunque a camminare. Tu eri là, seduto al limitare della banchina grigiastra e riprendevi fiato dopo un’estenuante corsa. “Ciao,…”Con un ingenuo sorriso mi hai salutato mentre ti passavo a fianco. Non so, forse temevo di avere delle allucinazioni da ebbrezza reiterata, non mi sembravi vero, non alle sei del mattino. In seguito mi hai confessato con molta tranquillità, “Non sai quanto sono stato felice di aver percorso circa cinque chilometri a piedi come quel sabato, perché ho avuto la possibilità di conoscere te, di deliziarmi della compagnia d’un angelo che da allora non ha più lasciato i miei occhi”. Eh, sì quanto tempo è trascorso…

Ed ora noi due: non lo so, ma d’impulso, la bocca si apre per dirti: “Ti amo”, forse sbaglio, non conosco le mie emozioni, ma attendo una replica; la tua mano così scivola voluttuosa a disegnare la forma d’un efebico seno, e poi giù, sul ventre piatto, caldo,… Sentire, guardare, toccare, annusare, gustare: tutto in pochi minuti che fuggono veloci come ladri che credono di aver compiuto il colpo più importante della loro vita. Sì ma dopo? Nulla, il vuoto del cuore, una parola, una carezza si riversano in una serie abituale di gesti, di prassi poco esuberanti. Sesso, che significa fare sesso? Che succede poi,… dopo il piacere? Può darsi che sia venuto il momento di scoprirlo…

Le cinque di mattina. L’alba è ormai prossima, si è levata una flebile brezza che spinge le candide tende ad ondeggiare qua e là, quasi a voler svelare una piccola passione. Un gabbiano grida il suo buongiorno al cielo che piano si terge dal suo sonno, alla città restia a rinnovati rigogli di vita. Peccato, solo qualche ora ancora e poi ci lasceremo, ognuno di nuovo calato nelle frenesie settimanali. Che stress, l’agenda oggi è proprio fitta d’appuntamenti: lavoro, corsi d’aggiornamento (caspita,devo uscire prima dall’ufficio perché alle sei devo essere a lingue,…), cena coi colleghi e poi… Ti sfioro delicatamente una guancia mentre fingi malamente di dormire: chissà se stasera ci rivedremo? Con un breve movimento, ti ridesti (scusa se ti ho disturbato!), sorridi, negli occhi ingenui e stanchi, l’Oceano che amo, così calmo, così blu infinito, mi bisbiglia: “Che c’è, Amore?” “Nulla” dovrei risponderti, nulla per non gettare al vento questo sentimento, ma… ho i miei dubbi da scoprire. Abbracciati l’uno all’altra, sembriamo due cuccioli in cerca di sicurezza per le nostre paure: è l’amore che ci pervade?

“Luca, posso chiederti una cosa? A volte durante i nostri rapporti, ti osservo e penso: che stai provando? In altre parole, quando mi tocchi, quando facciamo sesso, quali sono le tue sensazioni? Eccitazione, desiderio,… ma poi che altro?”Domande, incertezze amletiche alle cinque e mezzo del mattino, dopo un’intera nottata in preda ai nostri istinti, risposte,… Già con lo sguardo tenero e le labbra lievemente dischiuse cerchi di insinuarti nei miei pensieri:” Non capisco che vuoi dire, Amore, “ le tue parole si accompagnano a confortevoli coccole mentre le tue gambe giocano dispettose con le mie” ciò che provo, beh… lo vedi, vedi ciò che sento, cioè…Oddio ma che domande mi fai a quest’ ora?” Fallimento totale: che stupida! Forse dovrei ignorare i miei interrogativi, continuare a vivere senza sapere, forse veramente non c’è differenza tra le due dimensioni,… No, io non mi arrendo! Mi stendo quindi su un fianco rovesciandoti supino, quasi al bordo del letto, accarezzo il tuo petto glabro, liscio, ti piace,… Sì, godono i tuoi sensi percependo il mio respiro su di te, sentendo le mie dita… “Vedi Amore io vorrei soltanto capire che ti passa per la testa, quel di più che il tuo corpo mi da, magari involontariamente, non so… Io vorrei comprenderti istante dopo istante, anche adesso che stiamo uno con l’altra.”. Tra imbarazzo che vorresti nascondere sprofondando nel soffice cuscino e passione che lasci trasparire guardandomi e schivandomi alternativamente con falsa ingenuità, sento il tuo cuore prigioniero di un’allegra confusione di battiti col sangue che vorrebbe schizzare volentieri fuori da ogni parte. Dubbi, soluzioni,… La tua bocca tuttavia d’un tratto dipinge una smorfia, mi osservi curioso, vorresti capire il significato delle mie parole, mi sorridi, ancora, ma diffidente: a che pensi?

Le sei del mattino. L’Aurora dalle bianche mani ci accoglie quieta donandoci sensazioni di pace e freschezza mentre sulle strade cominciano a riversarsi i primi lavoratori, ancora piuttosto assonnati; la città fatica a riprendersi dall’ultimo fine settimana, caldo umido. E’ l’estate che pigramen

EL11100568 - 16:36

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