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categoria: Poesie

Solo e pensoso i più deserti campi

Solo e pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché ne gli atti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi;
sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né si selvagge
cercar non so ch'Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.

Francesco Petrarca

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categoria: Poesie

Albero


Tutto il cielo cammina come un fiume,
grandi blocchi traendo di fiamme e d'ombra.
Tutto il mare rompe, onda dietro onda,
splendido, alle fuggenti dune.

L'albero, chiuso nel puro contorno,
oscuro come uno che sta su la soglia,
muto guarda, senza battere foglia,
gli spazi agitati dal trapasso del giorno.

Diego Valeri - tratto da Terzo tempo

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categoria: Poesie

Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva


Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva
al mar là dove il tosco fiume ha foce,
con Fido il mio destrier pian pian men giva;
e muggian l'onde irate in suon feroce.

Quell'ermo lido, e il gran fragor mi empiva
il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce)
d'alta malinconia; ma grata, e priva
di quel suo pianger, che pur tanto nuoce.

Dolce oblio di mie pene e di me stesso
nella pacata fantasia piovea;
e senza affanno sospirava io spesso:

quella, ch'io sempre bramo, anco parea
cavalcando venirne a me dappresso...
Nullo error mai felice al par mi fea.

Vittorio Alfieri

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categoria: Poesie

All’Automobile da corsa

Veemente dio d’una razza d’acciaio,
Automobile ebbra di spazio,
che scalpiti e fremi d’angoscia
rodendo il morso con striduli denti
Formidabile mostro giapponese,
dagli occhi di fucina,
nutrito di fiamma
e d’olî minerali,
avido d’orizzonti, di prede siderali
Io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
per la danza che tu sai danzare
via per le bianche strade di tutto il mondo!
Allento finalmente
le tue metalliche redini,
e tu con voluttà ti slanci
nell’Infinito liberatore!
All’abbaiare della tua grande voce
ecco il sol che tramonta inseguirti veloce
accelerando il suo sanguinolento
palpito, all’orizzonte
Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù!
Che importa, mio dèmone bello?
Io sono in tua balìa! Prendimi! Prendimi!
Sulla terra assordata, benché tutta vibri
d’echi loquaci;
sotto il cielo accecato, benché folto di stelle,
io vado esasperando la mia febbre
ed il mio desiderio,
scudisciandoli a gran colpi di spada.
E a quando a quando alzo il capo
per sentirmi sul collo
in soffice stretta le braccia
folli del vento, vellutate e freschissime

Sono tue quelle braccia ammalianti e lontane
che mi attirano, e il vento
non è che il tuo alito d’abisso,
o Infinito senza fondo che con gioia m’assorbi!
Ah! ah! vedo a un tratto mulini
neri, dinoccolati,
che sembran correr su l’ali
di tela vertebrata
come su gambe prolisse

Ora le montagne già stanno per gettare
sulla mia fuga mantelli di sonnolenta frescura,
là, a quel sinistro svolto
Montagne! Mammut in mostruosa mandra,
che pesanti trottate, inarcando
le vostre immense groppe,
eccovi superate, eccovi avvolte
dalla grigia matassa delle nebbie!
E odo il vago echeggiante rumore
che sulle strade stampano
i favolosi stivali da sette leghe
dei vostri piedi colossali

O montagne dai freschi mantelli turchini!
O bei fiumi che respirate
beatamente al chiaro di luna!
O tenebrose pianure! Io vi sorpasso a galoppo!
Su questo mio mostro impazzito!
Stelle! mie stelle! l’udite
il precipitar dei suoi passi?
Udite voi la sua voce, cui la collera spacca
la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia
e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni
crrrrollanti a prrrrecipizio
interrrrrminabilmente?

Accetto la sfida, o mie stelle!
Più presto! Ancora più presto!
E senza posa, né riposo!
Molla i freni! Non puoi?
Schiàntali, dunque,
che il polso del motore centuplichi i suoi slanci!

Urrà! Non più contatti con questa terra immonda!
Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo
sull’inebbriante fiume degli astri
che si gonfia in piena nel gran letto celeste!

Filippo Tommaso Marinetti

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categoria: Poesie

Inno alla Morte


Amore, mio giovine emblema,
Tornato a dorare la terra,
Diffuso entro il giorno rupestre,
E' l'ultima volta che miro
(Appie' del botro, d'irruenti
Acque sontuoso, d'antri
Funesto) la scia di luce
Che pari alla tortora lamentosa
Sull'erba svagata si turba.

Amore, salute lucente,
Mi pesano gli anni venturi.

Abbandonata la mazza fedele,
Scivolero' nell'acqua buia
Senza rimpianto.

Morte, arido fiume...

Immemore sorella, morte,
L'uguale mi farai del sogno
Baciandomi.

Avro' il tuo passo,
Andro' senza lasciare impronta.

Mi darai il cuore immobile
D'un iddio, saro' innocente,
Non avro' più pensieri ne' bonta'.

Colla mente murata,
Cogli occhi caduti in oblio,
Faro' da guida alla felicita'.

Giuseppe Ungaretti - tratto da Sentimento del tempo

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categoria: Poesie

Lamento per il sud


La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve...
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell'aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d'acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
E questa sera carica d'inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d'amore senza amore.

Salvatore Quasimodo

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categoria: Poesie

L'anguilla

L' anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre piú addentro, sempre piú nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d' acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d' Appennino alla Romagna;
l' anguilla, torcia, frusta,
freccia d' Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l' anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l' arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito:
l' iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell' uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?

Eugenio Montale

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categoria: Poesie

Lettera alla madre


"Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo." - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
"Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater."

>

Salvatore Quasimodo

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categoria: Poesie

Alla primavera

Perché i celesti danni
Ristori il sole, e perché l'aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d'amor desio, nova speranza
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l'atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
Di febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, inspiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch'amara
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?
Vivi tu, vivi, o santa
Natura? vivi e il dissueto orecchio
Della materna voce il suono accoglie?
Già di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D'immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l'ardue selve (oggi romito
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
Meridiane incerte ed al fiorito
Margo adducea de' fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d'agresti Pani
Udì lungo le ripe; e tremar l'onda
Vide, e stupì, che non palese al guardo
La faretrata Diva
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
Polve tergea della sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
Vissero i fiori e l'erbe,
Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
Aure, le nubi e la titania lampa
Fur dell'umana gente, allor che ignuda
Te per le piagge e i colli,
Ciprigna luce, alla deserta notte
Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Te compagna alla via, te de' mortali
Pensosa immaginò. Che se gl'impuri
Cittadini consorzi e le fatali
Ire fuggendo e l'onte,
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
Selve remoto accolse,
Viva fiamma agitar l'esangui vene,
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Nel doloroso amplesso

Giacomo Leopardi

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categoria: Poesie

Il carnevale di Gerti


Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stesse filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca , se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.

Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh , il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio , chiusa fra i doni
tu per gli assenti:carri dalle tinte
di rosolio , fantocci ed archibugi,
palle di gomma , arnesi da cucina
lillipuziani:l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio.E' carnevale
o il dicembre s'indugia ancora?Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso , tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori...)

E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già.Chiedi
tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata?Le grandi ali
screziate ti sfiorano , le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde , vive , le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe?Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?

Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile , tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire;e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie , alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.

Eugenio Montale

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categoria: Poesie

Dal buffo buio


Dal buffo buio
sotto una falda della mia giacca
tu dici: "Io vedo l'acqua
d'un fiume che si chiama Ticino
lo riconosco dai sassi
Vedo il sole che è un fuoco
e se lo tocchi con senza guanti ti scotti
Devo dire una cosa alla tua ascella
una cosa pochissimo da ridere
Che neve bizantina
Sento un rumore un odore di strano
c'e' qualcosa che non funziona?
forse l'ucchetto, non so
ma forse mi confondo con prima
Pensa: se io fossi una rana
quest'anno morirei"

"Vedi gli ossiuri? gli ussari? gli ossimori?
Vedi i topi andarsene compunti
dal Centro Storico verso il Governo? "

"Vedo due che si occhiano
Vedo la sveglia che ci guarda in ginocchio
Vedo un fiore che c'era il vento
Vedo un morto ferito
Vedo il pennello dei tempi dei tempi
il tuo giovine pennello da barba
Vedo un battello morbido
Vedo te ma non come attraverso
il cono del gelato"

"E poi?"
"Vedo una cosa che comincia per GN"
"Cosa?"
"Gnente"

("Era solo per dirti che son qui,
solo per salutarti")

Giorgio Orelli - tratto da Sinopie

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categoria: Poesie

La sera fiesolana

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor s'attarda a l'opra lenta
su l'alta scala che s'annera
contro il fusto che s'inargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sè distenda un velo
ove il nostro sogno giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pe'; tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l'acqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pinidai novelli rosei diti
che giocano con l'aura che si perde,
e su 'l grano che non è biondo ancora
e non è verde,
e su 'l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!
Io ti dirò verso quali reami
d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a l'ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s'incurvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l'anima le possa amare
d'amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

Gabriele D'Annunzio

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categoria: Poesie

La quiete dopo la tempesta

assata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo à suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
È diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.

Giacomo Leopardi

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categoria: poesie

Fiume di Rose

tu, salubre risveglio,
che oscilli nei miei pensieri...

come clessidra
scandisci il battito del mio animo
ignorandone i respiri ansiosi.

chi sono io per esser notato
dal tuo sguardo,
quali parole potrò mai usare
per rapire i tuoi sentimenti.

posa il tuo sguardo sul mio,
attraversami come l'arcobaleno fa con le nuvole
e dipingeremo un fiume di rose
in quest'arido deserto.

Nico Gurr...

segnalata da Nico lunedì 18 giugno 2007

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categoria: Poesie

fiumi di parole

Era bastato un semplice sguardo,
per capire che nei tuoi occhi mi stavo perdendo,
per questo non ti cambierei,
perche nessuno mai mi guarderà così,
come un fiume di parole che annega anche me,
c’è un unico rimedio che adotto da un po’,
la mia testa,
dovrei limitarmi a dirti di si,
per questo ti donerò il mio CUORE .

segnalata da aleksa lunedì 22 novembre 2010

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categoria: Poesie

Alba sul fiume (Haiku)

Fascio di luce
L'alba misticamente
Sul fiume posa.

Angela Randisi

segnalata da Angela Randisi domenica 31 maggio 2020

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categoria: Poesie

Mondo perfetto

Ho sognato il cielo, azzurro piu' che mai riflettersi nell'azzurro di un fiume,come una dolce melodia di suoni e risate di bimbi giocosi su un prato;un semplice suono invade l'udito,e' quello del vento che soffia la superfice del fiume;delle rondini sospese dal vento coprono i miei occhi da un raggio di sole muovendosi qua' e la' nell'azzurro. Semplice e morbido e' il paesaggio, come l'erba di un campo fiorito che concede il riposo del corpo.In questa immensa pianura di un mondo che non esiste, rincuoro l'animo sfuggendo dai pensieri, nella speranza di un mondo perfetto.

fanny

segnalata da fanny domenica 20 marzo 2005

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categoria: poesie

Dove è più azzurro il fume

Certi giorni vado a camminare
Lungo il fiume silenzioso
Dove le anime che vogliono riposare
Qui trovano riposo.
E mi fermo ad ascoltare
I sussurri e le grida
Che poi sfociano sul mare
Dove il vento le sfida.

Ed ascolto il silenzio ed il rumore
Rinunciando alle parole
Lasciando fuori l'anima ed il cuore
Dove è più azzurro il fiume.

Certe notti ascolto i grilli
Perché a dormire non ci riuscirai
È come sentire gli squilli
Di un telefono a cui non risponderai.
E scendo giù per il viale
Chiudo gli occhi e seguo il flusso
Di quel fiume che non sa parlare
Ma cerco le parole passo dopo passo.

E mi sembra di capire
Che qualcosa stia per dire
E mi dice di seguire
Dove è più azzurro il fiume.

Arriva l'alba e sono qua
Da quest'acqua bagnato
Ogni giorno in un'altra città
Ed ogni giorno sempre dove sono nato.
Vado in acqua e mi lascio cadere
Dove il fiume mi abbraccierà
Dove andrò non lo posso sapere
Ma so che il fiume mi cullerà.

Ed il mio corpo continua a viaggiare
Dal fiume verso il mare
Per potersi un giorno rialzare
Dove è più azzurro il fiume.

LucaG - tratto da MyLirics

segnalata da LucaG sabato 6 gennaio 2007

stelline voti: 16; popolarità: 1; 0 commenti

categoria: Poesie

SOLA CON ME

Incontro labile, perfetto cosi' per consumare la vita, vorrei che il destino scegliesse per me, alleviando la mia pena, perdere i lumi della ragione, riuscendo a stupirmi. siamo liberi solo nei sogni, piango debolmente le mie debolezze, vorrei non aver sbagliato stella, vorrei capire, vorrei cadere e morire sulle tue rosa labbra, l'amore vuole amore, come la terra al sole, come ogni fiume al mare, ma non sapra' mai il suo nome. Essere impalpabile, serena consolazione, ancora molte cose da ricordare e poche ancora da dimenticare, amo e gli allontanamenti fanno strage di me.

segnalata da tere lunedì 15 agosto 2005

stelline voti: 6; popolarità: 0; 0 commenti

categoria: poesie

dentro

riappari quasi sempre cosi'... all'improvviso,raramente ma... sempre !xche' tu sei sempre qui.....e poi eccoti davvero;è un incendio: spento da un fiume di passione che non si spiega ma si sente...e poi vai via,ma mi rimani dentro!

terry

segnalata da mariateresa giovedì 18 gennaio 2007


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