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Gia' per l'aula beata a cento intorno
Già per l'aula beata a cento intorno
Dispersi tavolier seggon le dive,
Seggon gli eroi, che dell'Esperia sono
Gloria somma o speranza. Ove di quattro
Un drappel si raccoglie: e dove un altro
Di tre soltanto. Ivi di molti e grandi
Fogli dipinti il tavolier si sparge:
Qui di pochi e di brevi. Altri combatte;
Altri sta sopra a contemplar gli eventi
De la instabil fortuna e i tratti egregi
Del sapere o dell'arte. In fronte a tutti
Grave regna il consiglio: e li circonda
Maestoso silenzio. Erran sul campo
Agevoli ventagli, onde le dame
Cercan ristoro all'agitato spirto
Dopo i miseri casi. Erran sul campo
Lucide tabacchiere. Indi sovente
Un'util rimembranza un pronto avviso
Con le dita si attigne: e spesso volge
I destini del gioco e de la veglia
Un atomo di polve. Ecco sen ugne
La panciuta matrona intorno al labbro
Le calugini adulte: ecco sen ugne
Le nari delicate e un po' di guancia
La sposa giovinetta. In vano il guardo
D'esperto cavalier, che già su lei
Medita nel suo cor future imprese,
Le domina dall'alto i pregi ascosi:
E in van d'un altro, timidetto ancora,
Il pertinace pie' l'estrema punta
Del bel pie' le sospigne. Ella non sente
O non vede o non cura. Entro a que' fogli ,
Ch'ella con man si lieve ordina o turba,
De le pompe muliebri a lei concesse
Or s'agita la sorte. Ivi è raccolto
Il suo cor la sua mente. Amor sorride;
E luogo e tempo a vendicarsi aspetta.
Giuseppe Parini - tratto da Il Giorno. Le odi. Dialogo sopra la nobilta'
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Colloquio
"Ora il sereno è ritornato
le campane suonano per il vespero
ed io le ascolto con grande dolcezza.
Gli ucelli cantano festosi nel cielo perché?
Tra poco è primavera
i prati meteranno il suo manto verde,
ed io come un fiore appasito
guardo tutte queste meraviglie."
Scritto su un muro in campagna
Per il deluso autunno,
per gli scolorenti
boschi vado apparendo, per la calma
profusa, lungi dal lavoro
e dal sudato male.
Teneramente
sento la dalia e il crisantemo
fruttificanti ovunque sulle spalle
del muschio, sul palpito sommerso
d'acque deboli e dolci.
Improbabile esistere di ora
in ora allinea me e le siepi
all'ultimo tremore
della diletta luna,
vocali foglie emana
l'intimo lume della valle. E tu
in un marzo perpetuo le campane
dei Vesperi, la meraviglia
delle gemme e dei selvosi uccelli
e del languore, nel ripido muro
nella strofe scalfita ansimando m'accenni;
nel muro aperto da piogge e da vermi
il fortunato marzo
mi spieghi tu con umili
lontanissimi errori, a me nel vivo
d'ottobre altrimenti annientato
ad altri affanni attento.
Sola sarai, calce sfinita e segno,
sola sarai fin che duri il letargo
o s'ecciti la vita.
Io come un fiore appassito
guardo tutte queste meraviglie
E marzo quasi verde quasi
meriggio acceso di domenica
marzo senza misteri
inebeti nel muro.
Andrea Zanzotto - tratto da Vocativo
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In pretura
- Alzatevi, accusata: vi chiamate?
- Pia Tonzi. - Maritata? - Sissignora.
- Con prole? - No... con uno che lavora...
- D'anni? - Ventotto. - Che mestiere fate?
- Esco la sera verso una cert'ora...
- Già, comprendo benissimo, abbordate...
- Oh, dico, sor pretore, rispettate
l'onorabbilità d'una signora!
- Ma le guardie vi presero al momento
che facevate i segni ad un signore,
scandalizzando tutto il casamento...
- Loro potranno divve quer che vonno:
ma io, su le questioni de l'onore,
fo come li Ministri: nun risponno!
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Della testa di morto
L'Acherontia frequenta le campagne,
i giardini degli uomini, le ville;
di giorno giace contro i muri e i tronchi,
nei corridoi più cupi, nei solai
più desolati, sotto le grondaie,
dorme con l'ali ripiegate a tetto.
E n'esce a sera. Nelle sere illuni
fredde stellate di settembre, quando
il crepuscolo già cede alla notte
e le farfalle della luce sono
scomparse, l'Acherontia lamentosa
si libra solitaria nelle tenebre
tra i camerops, le tuje, sulle ajole
dove dianzi scherzavano i fanciulli,
le Vanesse, le Arginnidi, i Papili.
L'Acherontia s'aggira: il pipistrello
l'evita con un guizzo repentino.
L'Acherontia s'aggira. Alto è il silenzio
comentato, non rotto, dalle strigi,
dallo stridio monotono dei grilli.
La villa è immersa nella notte. Solo
spiccano le finestre della sala
da pranzo dove la famiglia cena.
L'Acherontia s'appressa esita spia
numera i commensali ad uno ad uno,
sibila un nome, cozza contro i vetri
tre quattro volte come nocca ossuta.
La giovinetta più pallida s'alza
con un sussulto, come ad un richiamo.
"Chi c'e'?" Socchiude la finestra, esplora
il giardino invisibile, protende
il capo d'oro nella notte illune.
"Chi c'e'? Chi c'e'?" "Non c'è nessuno, Mamma!"
Richiude i vetri, con un primo brivido,
risiede a mensa, tra le sue sorelle.
Ma già s'ode il garrito dei fanciulli
giubilanti per l'ospite improvvisa,
per l'ospite guizzata non veduta.
Intorno al lume turbina ronzando
la cupa messaggiera funeraria.
Guido Gozzano - tratto da Le farfalle. Epistole entomologiche
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Agli de'i della mattinata
Il vento scuote allori e pini.
Ai vetri, giù acqua.
Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti,
poi nulla.
La mattinata si affina nella stanza tranquilla.
Un filo di musica rock, le matite, le carte.
Sono felice della pioggia.
O de'i inesistenti,
proteggete l'idillio, vi prego.
E che altro potete,
o de'i dell'autunno indulgenti dormenti,
meste di frasche le tempie?
Come maestosi quei vostri luminosi cumuli!
Quante ansiose formiche nell'ombra!
Franco Fortini - tratto da Questo muro
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