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Il giorno del giudizio
Ho sentito, dentro di me,
Nel giorno del giudizio
Che dovevo raccogliere
Tutto il coraggio
E venirti a parlare.
Ti ho cercata,
Chissà dove, ti ho trovata,
E ti ho detto all’orecchio
Che dovevo dirti una cosa,
Ma che dovevamo essere soli.
E ho percorso,
Con te dietro,
Scale e corridoi, chissà quanti,
Mentre tu mi dicevi: “Va bene qui?”
Ma nessun luogo era davvero adatto.
Alla fine mi sono fermato.
Ci siamo seduti.
Vari giri di parole.
Varie interruzioni.
Poi sono esploso.
“Ti amo.”
Un momento di silenzio.
Poi mi hai detto:
“Non ti voglio illudere.
Possiamo restare buoni amici.
Ci devo pensare, poi ti faccio sapere.”
E poi sei andata via, e io sono rimasto lì,
Seduto, a vederti sfumare fra la gente,
Muto e immobile come un morto.
Tante cose avei dovuto ancora dirti,
Tante cose avrei dovuto ancora farti sapere.
Io non ti ho dimenticata, ma ora è tardi,
Perché, anche se mi sembri così vicina,
Sei lontana, e tu mi hai certo dimenticato,
Prima ancora di darmi la tua risposta,
E la tua risposta, temo, mai mi giungerà.
Tu sei lontana, certamente libera e felice,
Come una farfalla che vola su un prato,
Mentre io, povero uomo schiavizzato,
Sono qui, in prigione, per sempre,
Per te, perché tu qui mi hai rinchiuso.
Marco Buso - tratto da Poesia personale
segnalata da Marco Buso mercoledì 21 giugno 2006
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