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poesie

In questa categoria oggi sono state inserite 204 poesie.


stelline voti: 20; popolarità: 4; 0 commenti

Ti ho persa

Sono qui, immerso in un mare di malinconia, e come unica compagna una infinita tristezza...

Lacrime di dolore cadono dai miei occhi, e mi chiedo "dove sei, Amore mio?"

Vorrei rivederti, vorrei riabbracciarti, vorrei poter guardare ancora quei tuoi occhi, tristi come i miei, e dirti quanto ancora ti amo.

Non c'è speranza che mi dia forza in questa notte senza fine, un baratro di tragica disperazione in cui vago solo, alla ricerca di Te, Amore mio, ma non ti trovo mai.

Vedo il tuo viso solo nel ricordo, e se posso averti solo nei miei sogni, allora incomincerò a sognare.

dream

segnalata da dream giovedì 15 aprile 2004

stelline voti: 11; popolarità: 2; 0 commenti

un angelo

Ho visto un Angelo .
Un Angelo caduto da lassù
per allietare i nostri giorni quaggiù.
Questo Angelo si chiama Arianna
ed assomiglia tutto a mamma.
Anche se c'è qualcuno che dice
che sei identica a me
io comunque tu sia son felice come un Re.
Un Re con mamma Reggina contenti di avere
questa bella bambina .
L'aspettavamo da qualche tempo
ed è arrivata zitta,zitta come il vento.
Questo vento non fà rumore
ma mi cambierà la vita a tutte le ore.
Non mi lamento perchè questo evento
lo aspettavo da tempo.
Sarà buona ? sarà brava ? sarà bella ?
Comunque tu sia
sarai sempre la mia stella .
Una stella che brilla di notte
e di giorno come il sole a mezzo giorno.
Ora che sei qui in questa culletta
sognando chissà forse quel che ti aspetta .
Di certo una cosa c'è ..........
un Papà felice di avere te .

"Grazie Gesù"
per aver mandato questo Angelo quaggiù !!!

Tuo Padre
ADG

adg

segnalata da adg mercoledì 14 aprile 2004

stelline voti: 18; popolarità: 7; 0 commenti

Ci si arrende a volte...

Immobile. Spenta. Soffocata dal buio della stanza. Questo sei! Ora…

Non vivi più, lo sguardo si è perso nell’immobilità opaca del pavimento. Niente ormai sarà, può essere solo il passato ed è questo che ti uccide.

Eri una piccola stella che con il suo sorriso cancellava le tenebre; adesso le tenebre annientano la tua luce.

Perché è così fragile l’animo umano? Perché non possiamo fare a meno di frantumare quello altrui?

L’amore da vita. L’amore… uccide!

Cos’altro ha più importanza? Cosa ha importanza!

Ed ora tu indifesa creatura del mondo rimani seduta, gli occhi vuoti, un nodo alla gola ed il cuore spaccato. Il trucco del tuo viso si è sciolto dal dolore e lunghe scie nere si staccano dalle ciglia per scivolare sulle guance; allo stesso modo sgorga dai tuoi polsi lacerati il sangue, che scivola lento sulla poltrona in cui sei seduta, formando un lago rosso ai tuoi piedi, e subito l’ultima lacrima scende dagli occhi e con essa cade la tua ultima scintilla di vita, che sgretolandosi a terra si dissolve bianca nel sangue. Non ci sei più…

Alemiz

segnalata da Alemiz martedì 13 aprile 2004

stelline voti: 12; popolarità: 4; 0 commenti

CHIARE FRESCHE E DOLCI ACQUE

Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo, ove piacque,
(con sospir mi rimembra)
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole estreme.

S'egli è pur mio destino,
e 'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
ché lo spirito lasso
non poria mai più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.

Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta,
e là 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pietà!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da' be' rami scendea,
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde,
qual con un vago errore
girando perea dir: "Qui regna Amore".

Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
"Costei per fermo nacque in paradiso!".
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e'l dolce riso
m'aveano, e sì diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o quando?"
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba sì ch'altrove non ho pace.

PETRARCA

segnalata da basilicom martedì 13 aprile 2004

stelline voti: 23; popolarità: 11; 0 commenti

LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
È diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.

LEOPARDI

segnalata da basilicom martedì 13 aprile 2004

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